mercoledì 21 marzo 2012

Telecom grida all'esproprio. Governo pronto alla marcia indietro sulla liberalizzazione della rete

«Un esproprio inutile, impraticabile e incostituzionale». Dopo settimane di polemiche roventi, anche Telecom scende finalmente in campo contro l’ipotesi di liberalizzare i servizi di manutenzione della rete fissa (ora affidati in esclusiva al gruppo). L’ex monopolista aveva finora lasciato che a contestare la norma inserita (lo ricordiamo all’unanimità e col parere favorevole del governo) nel pacchetto semplificazioni fossero altri. Ieri, però, Franco Bernabé ha deciso di uscire allo scoperto, definendo la legge «un vero e proprio strappo allo Stato di diritto» e invitando i politici ad «astenersi dal discutere problemi tecnici che non si conoscono». Un attacco diretto e durissimo (poi ammorbidito in serata), che poco è piaciuto ai parlamentari. In particolare al capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, che ha denunciato «gli ukase di un signore preso da delirio di onnipotenza».

Al di là dell’esproprio, secondo Bernabè concedere agli operatori alternativi la possibilità di gestire in proprio i servizi di manutenzione sul cosiddetto “ultimo miglio” non sarebbe «praticabile» sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello della sicurezza. «Diventerebbe», ha spiegato, «impossibile salvaguardare il diritto costituzionalmente garantito di segretezza delle comunicazioni, anche attraverso il mantenimento dell’integrità e della sicurezza della rete».
Il problema esiste, peccato che già oggi a gestire la manutenzione siano società esterne assolutamente indipendenti da Telecom. Non una o due, ma almeno una quindicina (ecco un elenco parziale: Sirti, Sielte, Site, Ciet, Alpitel, Mazzoni, Valtellina, Ceit, Impianti, Icot-Tec, Sensi, Cotes, Sietel, Ite, Simetel, Cogepa), che ficcano il naso tutti i giorni nella rete senza che nessuno, a partire da Telecom, si faccia troppi problemi.
Bernabé ha anche rivendicato la totale apertura della rete, spiegando che gli operatori alternativi sono passati da una quota di accessi del 23,1% del 2008 al 33,6% di fine 2011. Nei tre anni, inoltre, le società minori avrebbero collegato 2,2 milioni di nuovi clienti grazie a 2,1 milioni di accessi forniti da Telecom. Dati incontestabili, dietro i quali, però, si nasconde una diminuzione dell’accesso in unbundling, l’unico che permette una vera concorrenza. Nel triennio 2009-2011, infatti, i nuovi accessi fisici (tecnicamente Ull) alla rete sono stati 1 milione e 169mila a fronte dei 2 milioni e 350mila conquistati dagli “alternativi” nel triennio 2006-2008. Il motivo? Mentre in tutta Europa i prezzi all’ingrosso scendevano, da noi il canone di unbundling passava da 7,64 euro (2008) a 9,02 (2011).
Malgrado questo, l’esecutivo sta lavorando ad una correzione in corsa. E la soluzione sul tavolo è proprio quella paventata alcuni giorni fa da Libero. «La norma», ha detto il presidente Agcom, Corrado Calabrò, «va modificata e il governo ne è consapevole». La questione, ha aggiunto, «si può ricondurre sotto il quadro comunitario, indicando gli obiettivi, ma salvaguardando l’indipendenza dell’Autorità». In altre parole, come già successo con la rete Fs, si rinvia tutto a data da destinarsi.

© Libero