Un balzo indietro di 30 anni. L’idea può sembrare divertente, pensando alla discomusic, ai mondiali di Spagna, ai primi home computer, alla nascita dei videogiochi. In realtà, è l’incubo in cui sta precipitando l’Italia sotto il peso combinato di pressione fiscale, inflazione e recessione.
A certificare lo spiacevole viaggio nel tempo del nostro Paese sono i dati relativi ai consumi di prodotti alimentari, bevande e tabacco, che, a fronte di un rincaro a prezzi correnti dell’1,5%, hanno registrato un calo di identica misura. Le tasche degli italiani non erano mai state così vuote. Secondo un rapporto del servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo sul settore agroalimentare in termini di spesa pro-capite il dato del 2011 riporta i livelli indietro di quasi 30 anni. Si deve tornare ai primi anni 80, infatti, per scendere al di sotto dei 2.400 euro annui destinati al comparto. «Si tratta, in parte», spiegano gli esperti dell’istituto di credito, «di un trend strutturale legato al minore consumo di alcune voci (come il tabacco), ma che segnala anche le evidenti difficoltà del consumatore italiano che, a fronte delle tensioni sul mercato del lavoro e sul reddito disponibile, riduce ulteriormente gli sprechi e modera gli acquisti anche in un comparto dai bisogni poco comprimibili come l’agro-alimentare».
A spedire l’Italia nel passato sono stati sicuramente gli aumenti dei prodotti. Basti pensare che, nonostante la crisi, il settore agroalimentare ha messo a segno nel 2011 un aumento di fatturato del 6%. Si tratta, ovviamente, di una variazione che incorpora la continua crescita dei prezzi alla produzione.
Anche l’inarrestabile caro benzina, ieri la verde era a 1,865 euro e il gasolio a 1,780, ha fatto la sua parte. Il prezzo del pieno per una automobile media (50 litri), secondo i calcoli effettuati da Coldiretti, ha ormai superato i 93 euro, mentre il nuovo record del gasolio per l’autotrasporto ha provocato un effetto valanga sulla spesa, in un paese dove l’88% delle merci viaggia su strada. Secondo l’associazione «benzina, trasporti e logistica incidono complessivamente per circa un terzo sui costi della frutta e verdura e, solo nelle campagne, il caro gasolio ha provocato un aggravio di costi stimabile in 400 milioni di euro su base annua». Questo si ripercuote ovviamente sulle nostre tasche, considerando che un pasto percorre in media quasi 2mila chilometri prima di giungere sulle tavole.
Ma una buona fetta di merito del ritorno al passato va sicuramente alle valanghe di tasse piovute sul nostro Paese con le tre manovre correttive messe in fila dai governi Berlusconi e Monti nel corso dei mesi scorsi. Se quelle volute dal Cavaliere hanno azzoppato il 2011, quelle del professore della Bocconi si preparano invece a scatenare l’inferno per l’anno in corso. Secondo Intesa, infatti, gli effetti del Salva Italia «fanno prevedere una nuova riduzione dei consumi delle famiglie italiane». E a quel punto, forse, torneremo agli anni del dopoguerra.
Basti pensare che tra il 1980 (31,4%) e il 2011 (42,5%) la pressione fiscale è già aumentata di oltre 11 punti percentuali. E il bello non è ancora arrivato. Per l’anno in corso si prevede infatti una crescita vertiginosa. Secondo le stime di Bankitalia il livello dei balzelli in Italia rispetto al pil potrebbe arrivare al 45% proprio a causa dei nuovi interventi correttivi varati da Monti che, ha spiegato il governatore Ignazio Visco, «si concentrano per circa due terzi sulle entrate». Il peso del fisco si andrà poi ad unire, in una miscela esplosiva, con la recessione in atto e quella provocata dalle stessa manovra salva Italia (secondo Bankitalia almeno mezzo punto di pil). Ieri l’Istat, registrando un -0,7% del Pil su base congiunturale nel quarto trimestre dell’anno, ha certificato l’ingresso dell’Italia in recessione tecnica (due trimestri negativi consecutivi). Ma il 2011, tutto sommato, si è chiuso con il pil a +0,5%. Il 2012 sarà peggio.
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