sabato 24 marzo 2012

Marchionne studia la fuga e se la prende con le bisarche

Il precedente più clamoroso è quello del maggio 2005, quando un durissimo sciopero delle bisarche provocò il crollo delle vendite Fiat del 27,1% in Italia e del 26,7% in Europa. Anche allora, come è accaduto in questi giorni, il Lingotto sfruttò la protesta per archiviare con ottimismo quello che in realtà era il quarto mese consecutivo in flessione delle vendite. In quel caso, però, le immatricolazioni passarono da una media negativa del 5-6% alla temperatura polare di -26. I dati registrati dall’azienda a febbraio, invece, non discostano così tanto dal trend negativo dell’ultimo anno. Il pesante -20,1% registrato in Italia (-16,5% in Europa) dal gruppo Fiat nel secondo mese dell’anno, infatti, va confrontato con il -16,9% di gennaio (-15,9% in Europa), il -19,7% di dicembre e con un complessivo -13% relativo all’intero 2011.

Autotrasportatori Eppure, malgrado una curva delle vendite abbastanza graduale, il Lingotto non ha esitato a spiegare che il risultato di Fiat-Chrysler nelle vendite in Europa a febbraio «è stato decisamente condizionato dallo sciopero in Italia dei servizi di autotrasporto vetture a mezzo bisarche». Se non ci fosse il dramma dei lavoratori dell’industria Fiat, che devono restare a casa per la chiusura degli impianti, e la difficile situazione degli autotrasportatori, schiacciati tra gli effetti della recessione e i costi crescenti del carburante, verrebbe da dire che la protesta, per Sergio Marchionne, è venuta al momento giusto. Lo sciopero dei padroncini dei tir che trasportano le vetture ha infatti permesso ai vertici della Fiat di mettere le mani avanti non solo sui prossimi mesi, ma anche sull’intero 2012. Lo stop, si legge in una nota, «ha causato perdite di produzione e quindi di vendita di circa 20 mila unità, che sarà molto difficile recuperare nel corso dell’anno. I danni causati finora avranno un impatto negativo di circa il 10% sulle quote di mercato del mese di marzo in Italia e all’estero».

Non solo bisarche Insomma, tutta colpa delle bisarche. Ma siamo sicuri che se le auto fossero arrivate ai concessionari sarebbero poi finite sul mercato? Impossibile saperlo, anche se i dati dei mesi scorsi qualche indicazione la danno. Questo non toglie che i danni per l’azienda e per i lavoratori ci siano e non siano trascurabili. Abbia o no il Lingotto preso la palla al balzo, è un fatto che la produzione sta andando a singhiozzo. E nei prossimi giorni la situazione potrebbe anche peggiorare. «Per la prossima settimana», annuncia la Fiat in una nota, «sono già programmate ulteriori fermate produttive. In particolare lo stabilimento di Cassino sarà chiuso il 27, 28 e 29 marzo, mentre Pomigliano d’Arco, dove viene prodotta la nuova Panda in fase di lancio in Europa, si fermerà il 26 e 27 marzo». Il gruppo di Torino è pessimista: «Ad oggi non si vedono segnali che possano far pensare alla fine dell'agitazione e anzi la situazione sembrerebbe in peggioramento». Secondo l’azienda, infatti, si starebbero verificando «numerosi episodi di violenza tra cui incendi di automezzi, minacce ed aggressioni ad autisti che non aderiscono allo sciopero».

Danni economici «Verso questi episodi, naturalmente, c’è la più ferma condanna», spiega il segretario generale di Trasporto Unito, Maurizio Longo, «ma tutto questo, compresi i danni economici ai lavoratori, si sarebbe potuto evitare se le aziende si fossero semplicemente sedute intorno a un tavolo». La trattativa, invece, è iniziata solo ieri, con il primo incontro tra i bisarchisti italiani ed i committenti delle case automobilistiche, che si è però concluso con un nulla di fatto e la promessa di un appuntamento per lunedì. E il governo? «Zero, non abbiamo sentito né visto nessuno», spiega Longo, «si conferma un esecutivo che non vede i problemi reali del Paese». Sul tavolo c’è la questione delle tariffe, che per i cosiddetti subvettori sono di 1/1,20 euro al chilometro a fronte di spese vive di 1,70/1,75 euro.
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