sabato 17 dicembre 2011

Ma Equitalia con i debitori non ha pietà

«È singolare», sottolinea il presidente della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi,  «che lo Stato sia diventato così efficiente ed inflessibile quando deve recuperare le sue spettanze, visto che l’incremento di gettito da riscossione nel 2010 rispetto al 2009 è cresciuto di quasi il 15%, mentre è il peggiore pagatore d’Europa quando deve liquidare i propri fornitori».

L’anomalia dei pagamenti non si risolve, ma il fisco diventa ogni giorno più severo. E più invadente. Bortolussi si preoccupa dell’anno passato, ma è facile prevedere quello che accadrà nei prossimi mesi, con i nuovi strumenti di controllo sui conti correnti varati dal governo Monti e quelli, tra cui il redditometro e l’accertamento esecutivo, messi in campo dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il fisco non aspetta. Scruta i conti, calcola le spese, inverte l’onere della prova e ti spedisce una bella lettera che vale contemporaneamente come richiesta di chiarimenti e intimazione al pagamento. Se i soldi non ci sono, come accade sempre più spesso con la crisi che morde, scattano i provvedimenti di riscossione coattiva. Il bottino recuperato da Equitalia nel 2010 è di circa 9 miliardi, praticamente ogni italiano in media ha versato agli agenti del fisco 160 euro. Quanto agli strumenti di persuasione utilizzati dagli esattori, la Cgia si è presa la briga di stilare una classifica delle procedure preferite dall’amministrazione tributaria nel triennio 2007-2009. Al primo posto c’è il preavviso di fermo amministrativo, utilizzato 26,8 volte ogni mille abitanti. Subito dopo c’è l’iscrizione di fermo amministrativo, ovvero il blocco vero e proprio dell’auto con comunicazione al Pra, che è scatta 7,5 volte ogni mille abitanti. A seguire arrivano le ipoteche (3,3 volte) e i pignoramenti presso terzi (1,7 volte).

Pratiche sempre più frequenti che non sono state accompagnate né da una semplificazione fiscale, né da un abbassamento della pressione. Secondo una recente indagine di Confcommercio negli ultimi due anni il rapporto tra fisco e imprese è rimasto sostanzialmente stabile, ossia problematico. Quanto alla pressione, non solo non è diminuità, ma il 68% degli imprenditori prevede un aumento considerevole nei prossimi mesi. Aumento che, alla faccia delle promesse del nuovo governo, viene percepito assolutamente iniquo  da otto imprenditori su dieci. Anche perché per il 51,2% il peso eccessivo del fisco è dovuto ad una cattiva gestione della Pa, per l’altro 46,8% alla necessità di coprire l’elevato debito pubblico.
Sul fronte della semplificazione, la maggior parte delle imprese denuncia il cambiamento continuo delle norme, l’aumento spropositato delle scadenze e la scarsa informazione sulle disposizioni, per quanto viene invece dato atto al legislatore di aver aumentato l’accesso delle imprese alle amministrazioni e l’attenzione all’impatto che le misure avranno sul mondo delle imprese.
Al di là di tutto, il dato che fa più impressione è quello sulla sostenibilità del fardelòlo tributario. E qui si scopre che l’8,4% degli imprenditori non è riuscito a far fronte al pagamento delle tasse nel corso degli ultimi due anni e si trova in una di queste situazione: o ha fatto ricorso a un finanziamento o ha posticipato il pagamento o sta per chiudere l’attività. Il 33,6% delle imprese c’è riuscito con difficoltà, il 47,2% con molte difficoltà. Alla fine dei conti, chi alla fine dell’anno non ha avuto problemi col fisco è solo il 10,9%. Vi sembra molto?

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