giovedì 8 dicembre 2011

Dai capitali nascosti in Svizzera si possono recuperare 15 miliardi

Quindici miliardi di euro, più di quanto entrerà nelle casse dello Stato con la stangata sull’Ici. Per eliminare una delle misure più pesanti e contestate del decreto lacrime e sangue varato da Mario Monti basterebbe una firma. Anzi due, quella del governo italiano e quella del governo svizzero. Già, perché i quindici miliardi che ballano sono quelli che potrebbero arrivare da un accordo sulla tassazione dei capitali italiani non dichiarati al fisco e ben nascosti nei forzieri della confederazione elvetica.

A rilanciare l’idea è l’ex ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, che ieri ha fatto circolare uno studio sugli effetti economici di un eventuale concordato con la Svizzera. Ma la questione è antica, sebbene mai risolta. Inizialmente ad opporsi era l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, convinto che il tema della tassazione dei redditi da risparmio dovesse essere affrontata a livello europeo, seguendo le direttive comunitarie, e non con accordi bilaterali. Una tesi molto apprezzata a Bruxelles di cui, però, si sono fatti beffe Gran Bretagna e Germania, che hanno tranquillamente siglato con Berna convenzioni per recuperare il gettito perduto. Lo schema di accordo si chiama Rubik, come il famoso cubo. Nella sostanza attribuisce alla Svizzera il ruolo di sostituto di imposta a partire dal 2013. I contribuenti stranieri dovranno accettare un’imposta su redditi e utili da capitali che la Svizzera verserà a Germania e Gran Bretagna. La convenzione impone anche il versamento di un’imposta liberatoria una tantum per chiudere le vertenze fiscali pregresse. 

Come contropartita, le banche svizzere non dovranno rivelare l’identità dei loro clienti mantenendo intatto il segreto bancario. Punto, quest’ultimo, su cui Tremonti ha sempre puntato i piedi e che ha rappresentato uno dei nodi principali della trattativa con l’Italia. Negli ultimi mesi, però, di passi avanti se ne erano fatti. Il ministro dell’Economia aveva lasciato cadere la pregiudiziale comunitaria e Berna aveva teso la mano. Stando a quanto dichiarato qualche tempo fa dall’ambasciatore elvetico a Roma, Bernardino Regazzoni, il governo svizzero sarebbe stato disponibile a replicare gli accordi siglati con Germania e Regno Unito che hanno stabilito aliquote tra il 26 e il 30%. Il problema è che la confederazione avrebbe chiesto in cambio non solo l’uscita dalla black list italiana, ma anche una chiusura del contenzioso sulle imposte dei lavoratori frontalieri non versate ai comuni italiani del Nord (circa 23 milioni nel 2010). Questione che sta molto a cuore alla Lega. Ora che il Carroccio è all’opposizione, da solo, non è detto che la vicenda non possa sbloccarsi. Per i conti dello Stato sarebbe una boccata d’ossigeno non indifferente. Difficile fare stime esatte. Secondo i calcoli di Brunetta le attività finanziarie in Svizzera potrebbero ammontare a circa 100 miliardi. Con una percentuale di adesione al pagamento dell’80% e un’imposta forfettaria del 20% il gettito per il Tesoro potrebbe aggirarsi sui 15-17 miliardi di euro. Cosa aspettiamo?