martedì 12 aprile 2011

Ora Tremonti può comprarsi Parmalat

Il Fondo strategico può attendere. La Cdp è pronta a scendere in campo. E lo farà da sola. Senza aspettare i cinesi o gli altri soggetti pubblici e privati pronti ad investire nello strumento anti-Opa. Giulio Tremonti continua a lavorare alla creazione di un veicolo finanziario ad hoc, ma i tempi inevitabilmente più lunghi non permetterebbero l’intervento immediato in difesa dell’azienda di Collecchio. Così, per quanto l’obiettivo rimanga quello strutturale di dare vita ad una spa o ad un sgr specializzata nell’acquisto di quote di aziende di rilevante interesse nazionale, per adesso l’operazione si farà senza intermediari.

Il via alle danze è arrivato ieri dall’assemblea straordinaria della Cassa depositi e prestiti, riunita in forma totalitaria, che ha varato le necessarie modifiche allo statuto sulla base del decreto anti-scalate approvato dal governo. Le modifiche, spiega una nota ufficiale della società partecipata al 70% dal Tesoro e al 30% da 66 fondazioni bancarie, «ampliano ulteriormente l’operatività di Cdp, consentendole di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale». Le suddette partecipazioni, si legge poche righe più sotto, «potranno essere acquisite anche attraverso veicoli societari o fondi di investimento». In altre parole, il nuovo statuto permette due strade. La prima prevede che la Cassa (e quindi in qualche modo il ministero dell’Economia) entri direttamente nel capitale delle aziende da “proteggere”. La seconda che l’investimento passi attraverso la partecipazione al cosiddetto Fondo strategico.

Nella prima ipotesi, che è quella che si prospetta per il caso Parmalat e che ha sollevato molte critiche da parte di chi paventa una nuova Iri o comunque non vede di buon occhio un’azione diretta dello Stato nell’economia, la Cdp potrà muoversi solo in presenza di determinate condizioni.
Una è quella già indicata nel decreto anti-scalate e cioè che le aziende acquisiscano lo status di «socièta di rilevante interesse nazionale». Cosa che dovrà avvenire attraverso un decreto del ministero dell’Economia che definisca i necessari requisiti. L’altra condizione, e qui il nuovo statuto è meno chiaro, è che le società da salvare «siano caratterizzate da una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico, e con adeguate prospettive di redditività». Non si capisce bene a chi spetti la valutazione. Se sarà un organismo terzo a stabilire lo stato di salute delle società, se basterà l’ok del Tesoro o se sarà lo stesso cda della Cassa a giudicare, di volta in volta, se l’investimento sia sicuro o a rischio. L’altra cosa da definire meglio è cosa accadrà nel caso della creazione del Fondo strategico. Una volta acquisite quote di un veicolo che vedrà nella compagine azionaria altri soci e avrà un suo autonomo consiglio di amministrazione, chi vigilerà sul rispetto delle condizioni a garanzia dell’investimento?

Nodi da sciogliere, ma che non sono assolutamente all’ordine del giorno. Così come è ancora assolutamente prematura qualsiasi quantificazione della liquidità dell’ipotetico Fondo strategico. Sarà comunque difficile che si possa arrivare ai 20 miliardi indicati dalla stampa sulla basa di una analogia con quella in pancia allo strumento gemello già attivo in Francia. La Cassa dispone infatti di una dote per gli investimenti di circa 4 miliardi e il capitale del veicolo dovrà probabilmente essere commisurato a tale somma. Del tutto esclusa, invece, come ha sottolineato più volte lo stesso Tremonti, dovrebbe essere la possibilità che la Cdp scenda in pista nel settore bancario, come si è vociferato in questi giorni in riferimento ad un eventuale sostegno per l’aumento di capitale di Mps.

Nessun dubbio c’è sulla partita Parmalat. Anzi, le tre banche coinvolte, Intesa, Unicredit e Mediobanca, stanno stringendo i tempi con il partner industriale Granarolo e con la stessa Cassa per definire i dettagli della cordata di salvataggio. Entro questa settimana si dovrebbe chiudere l’operazione in modo che, se la strada dovesse essere quella dell’Opa, ci sarà il tempo per rispettare tutte le scadenze in vista dell’assemblea slittata al 28 giugno.

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