Il ragionamento non fa una grinza: congelare la ripartenza sul nucleare per evitare che il referendum blocchi tutto per i prossimi venti anni. Del resto, l’esperienza del 1987 parla chiaro e scotta ancora. Perlomeno a fine mese quando famiglie e imprese mettono mano al portafoglio per pagare una delle bollette più salate d’Europa.
Detto questo, la sortita di Silvio Berlusconi al termine del vertice bilaterale con Nicolas Sarkozy non può essere non letta all’interno di un più complicato quadro di relazioni con la Francia, che toccano più fronti, da quelli strettamente economici che riguardano Parmalat e le aziende francesi pronte a sedersi al tavolo dell’atomo italiano, a quelli più prettamente geopolitici che si chiamano Libia e immigrazione.
Sugli interessi dei gruppi d’Oltralpe il presidente del Consiglio è stato più che esplicito. «Con la Francia abbiamo stipulato molti contratti» per lo sviluppo dell’energia nucleare, ha spiegato durante la conferenza stampa congiunta con il capo dell’Eliseo, e nonostante la moratoria «non vengono abrogati, stiamo decidendo di mandare avanti tanti settori di questi contratti, per esempio quello della formazione».
Al di là delle motivazioni “diplomatiche”, il Cavaliere ha comunque invertito con decisione la rotta tracciata nelle ultime settimane da quasi tutti i ministri sull’onda della sindrome Giapponese. «L’energia nucleare è sempre la più sicura», ha esordito il premier, spiegando che la tragedia di Fukushima c’entra poco con l’atomo e molto con la decisione di costruire la centrale su un terreno a rischio. Quanto all’Italia, ha proseguito Berlusconi, «siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia la sfida al futuro per tutto il mondo», ma il recente incidente «ha spaventato i nostri cittadini», come dimostrano «i sondaggi che abitualmente facciamo sull’opinione pubblica». Perciò, «se fossimo andati oggi al referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni».
Di qui la decisione del governo, che «ha responsabilmente ritenuto di proporre questa moratoria, per far sì che si chiarisca la situazione in Giappone e che magari dopo uno o due anni si possa avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare al nucleare».
Gongola Sarkozy, che si è subito affrettato ad assicurare che «il giorno in cui l’Italia deciderà di tornare al nucleare, la Francia sarà un Paese accogliente e amichevole». Meno bene l’hanno presa le opposizioni, compreso quel Pd che prima della tragedia giapponese sembrava aver riscoperto le virtù dell’atomo. Secondo l’eterogeneo ma urlante fronte antinuclearista, che va da Vendola a Di Pietro a Rutelli fino a Bersani e alla Bindi, il Cavaliere «senza vergogna» si sarebbe smascherato da solo svelando l’orribile «imbroglio sull’atomo», che calpesta in modo «arrogante e cialtronesco» il diritto degli italiani ad esprimersi.
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