Soldi in cambio di steccati? Qualcuno storce il naso, fingendo di non sapere che il giochino funziona così da una quindicina di anni. E che solo grazie ai corposi “aiuti” concessi ai Paesi più a rischio dal punto di vista dei flussi migratori è stato possibile chiudere gli accordi previsti dalla cosiddetta Turco-Napolitano per il blocco preventivo e il rimpatrio dei clandestini che sbarcano sulle coste italiane.
Dal 1998, anno della legge, ad oggi le intese firmate sono circa una trentina. E dietro quelle firme ci sono diversi miliardi di euro concessi sotto forma di risarcimenti, prestiti, contributi o, semplicemente, doni. Soltanto prendendo in considerazione i Paesi da cui arrivano i flussi più corposi (Algeria, Tunisia, Egitto, Marocco, Albania, Libia), la cifra si aggira sui 6,5 miliardi di euro, di cui la gran parte a fondo perduto. La fetta più consistente dei foraggiamenti va sotto il nome di Cooperazione allo sviluppo. Si tratta di interventi il cui primo obiettivo, come si legge nel sito del ministero degli Affari esteri, è quello di «migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali». Ma che alla fine servono anche ad altro. «L’aiuto allo sviluppo nei confronti di taluni di questi Paesi», prosegue il documento della Farnesina, «rappresenta un elemento importante ai fini di un’efficace gestione dei flussi migratori».
L’esborso più sostanzioso, chiaramente, era quello previsto nel Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione con la Libia, che avrebbe portato nel Paese africano 5 miliardi di dollari in 20 anni. Ma le risorse non sono davvero mancate per gli altri Paesi. Per l’Egitto, con cui la cooperazione è antica, dal 1980 al 2008 complessivamente sono stati stanziati 449 milioni di euro. Di questi, 247,8 milioni rientrano nell’accordo sottoscritto al Cairo nel 2002, che prevedeva anche la conversione di 149 milioni di dollari di debito nei confronti del nostro Paese. In Marocco la cooperazione italiana ha in piedi oltre 20 iniziative che costano al ministero degli Esteri circa 100 milioni, compresa la conversione di 20 milioni di debito. Ma negli anni recenti sono stati realizzati importanti interventi infrastrutturali e di ricostruzione in seguito al terremoto del 2004 per almeno altri 100 milioni di euro.
Più esigue le somme destinate all’Algeria, che comunque negli ultimi anni ha potuto contare su almeno 30 milioni di aiuti. Imponente, invece, è la cooperazione con l’Albania, i cui flussi migratori negli anni ’90 erano massicci. Dal 1992 ad oggi i finanziamenti ammontano a circa 600 milioni di euro. Cifra che pone l’Italia al primo posto tra i donatori bilaterali. Attualmente sono attive 80 iniziative per un valore complessivo di 335 milioni di euro.
Non meno generoso il governo italiano è stato nei confronti della Tunisia, che oggi nega addirittura siano state siglate intese sul contrasto all’immigrazione clandestina, malgrado gli accordi del 1998 rafforzati poi nel 2003. Sui fondi arrivati dall’Italia, però, non ci sono mai state contestazioni. Dal 2004 al 2009 il governo ha stanziato 46 milioni per sostenere il bilancio dello Stato. Altri 44 sono stati donati nell’ambito di un programma di sviluppo infrastrutturale e di sviluppo dell’agricoltura. Per la realizzazione di tre discariche sono stati messi a disposizione 12,7 milioni. Mentre per linee di credito rivolte alle Pmi, che il governo ora è disposto a rifinanziare, sono già stati stanziati 36,9 milioni, un paio di anni fa. In precedenza, a partire dal 1988, erano state accordate altre sei linee di credito per 190 milioni. Complessivamente, nell’arco di una dozzina di anni, alla Tunisia sono arrivati circa 350 milioni. Ora il governo ne mette sul piatto altri 300. Ma il prezzo, a quanto pare, non è ancora giusto.
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