Vigilia agitatissima per il cda di Parmalat chiamato a valutare se rinviare l’assemblea degli azionisti a fine giugno come previsto dal decreto anti-scalate varato dal governo. Da una parte c’è il Consiglio dei ministri che ha dato il via libera a un’ulteriore misura anti-Opa prevedendo la discesa in campo del Tesoro, magari attraverso la Cdp, dall’altra c’è Lactalis, che esce allo scoperto dichiarando che il suo 29,87% in portafoglio (ormai effettivo) non è una quota di controllo. Intesa Sanpaolo, inoltre, annuncia di aver inviato una lettera al cda di Collecchio per notificare l’esistenza di una alternativa italiana, firmata anche da Mediobanca e Unicredit.
Una serie di eventi che non dovrebbero comunque cambiare il copione previsto. E cioè che alle 12 di oggi a Milano il cda di Parmalat riterrà opportuno rinviare l’assemblea. Anzi, se mai ci fossero state, la presenza di un documento che dà notizia dell’esistenza della cordata italiana e di lungo periodo, sgombra il campo da ogni perplessità. A prendere parte al progetto, infatti, ci potrebbero essere, oltre alla banca di Corrado Passera, anche altri istituti come Mediobanca, Bnl e Unicredit. Sul fronte industriale, mentre sembra restare in stand by la Ferrero, sarebbero pronti a partecipare Tamburi, Palladio e Granarolo.
L’altra novità clamorosa di ieri è la notizia che nella partita potrebbe entrare anche la Cassa depositi e prestiti. L’ipotesi, ventilata in mattinata dal Sole 24 Ore, è diventata più concreta dopo la mossa del Consiglio dei ministri. Il governo ha, infatti, autorizzato Giulio Tremonti «a predisporre ed attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei, strumenti mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale rilevante in termini di strategicità del settore». Uno scenario definito «folle» dall’Istituto Bruno Leoni, secondo cui «il Paese verrebbe condannato alla marginalità economica e alla stagnazione». Il riferimento all’estero, in ogni caso, ricorda da vicino il ruolo della francese Caisse des Depots et Consignation che possiede il 51% del Fond Strategique d’Investissement (Fsi), costituito nel 2008 su iniziativa di Nicolas Sarkozy proprio per intervenire a sostegno del capitale delle imprese in caso di scalate straniere.
A tutto questo si aggiunge Bruxelles, dove il blitz di Lactalis sul capitale di Parmalat è finito sotto la lente del commissario Antitrust Joaquin Almunia e di quello del mercato interno Michel Barnier. Lactalis ha detto che l’ingresso in Parmalat, in base ai regolamenti comunitari, «non può essere considerato un’acquisizione del controllo», e dunque non necessitava di «notifica preventiva». I francesi sono comunque intenzionati a esercitare «il voto in occasione dell’assemblea dei soci».
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