mercoledì 27 aprile 2011

La Grecia fallisce per la seconda volta

Il governo di Atene ce la sta mettendo tutta per convincere i mercati internazionali che la guardia resta altissima e che nessuna sorpresa è all’orizzonte. Ieri ha annunciato che raddoppierà gli sforzi per contenere il deficit e che sta preparando un piano lacrime e sangue per spremere almeno 3 miliardi da una spesa pubblica già messa robustamente a dieta.

Ma le promesse possono poco contro i numeri. E quelli, impietosi, sfornati ieri da Eurostat forniscono un quadro assai diverso da quello rassicurante che arriva dal ministero delle Finanze greco. Il deficit del 2010 doveva arrestarsi al 9,4% ed è invece schizzato al 10,5% del pil mentre il debito è arrivato a quota 142,8%. Percentuali obiettivamente difficili da sostenere, anche con i 110 miliardi di prestito messi insieme da Ue e Fondo monetario internazionale. E che alimentano ulteriori dubbi sulla capacità della Grecia di tornare a finanziarsi autonomamente nel 2012, così come previsto dal piano di emergenza europeo.

Lo scenario, al di là delle continue smentite sia del governo di Atene sia delle autorità comunitaria, porta dritti dritti all’ipotesi di una ristrutturazione del debito che secondo il membro della Bce, Josè Manuel Gonzales-Paramo, provocherebbe conseguenze legali e sistemiche più devastanti del fallimento della Lehman Brothers. Qualunque siano gli effetti, secondo Lars Feld, uno dei consiglieri economici del cancelliere Angela Merkel, le alternative non ci sono e il tempo per esitare neanche.  La voce di un secondo fallimento della Grecia (ovvero l’incapacità di restituire né gli interessi né il valore nominale dei titoli di Stato) sta circolando con insistenza tra gli investitori, scatenando impennate incontrollabili sui rendimenti dei bond. C’è chi dice possano servire 40 miliardi in più ai 110 stanziati da Fmi e Ue. L’interesse sui titoli biennali è volato ieri al nuovo record storico del 24,08% (sei giorni fa era a 21), mentre quello sui titoli a dieci anni è schizzato al 15,06%. La forbice tra il bond greco a dieci anni e il corrispettivo bund tedesco, invece, si è allargata a 1.191 punti base. Per avere un’idea del livello di rischio raggiunto dai titoli greci basti pensare che per assicurare 10 milioni di debito greco dalla possibilità di default servono oggi oltre un milione e 300mila euro.

La bufera per ora è abbastanza circoscritta, ma il contagio può scattare da un momento all’altro. Segnali di tensione si vedono in molti dei Paesi considerati più vulnerabili. A partire dalla Spagna, che ieri per piazzare 1,6 miliardi di euro in titoli a tre e sei mesi ha dovuto alzare i rendimenti rispettivamente all’1,37% contro lo 0,89% di marzo e all’1,86% contro l’1,36% dell’asta precedente. Anche l’Italia soffre, con i bot tornati sopra l’1% netto (l’1,66% lordo) di interesse (anche se le richieste sono arrivate a 12,2 miliardi rispetto ad un’offerta di 8,5), cosa che non accadeva dal dicembre 2010. Balzati anche i Ctz, che hanno registrato un rialzo di oltre mezzo punto dal 2,45% di un mese fa al 3% dell’ultima asta.

Non hanno di certo aiutato a sdrammatizzare i dati diffusi da Eurostat. Al di là della drammatica situazione greca e malgrado un leggero ribasso complessivo, i deficit dell’Eurozona nel 2010 restano elevatissimi, con una media del 6% (era il 6,3% l’anno precedente), mentre i debiti sono saliti all’85% rispetto al 79% del 2009. Unica consolazione è la conferma delle analisi di Giulio Tremonti sul trend virtuoso dell’Italia, che non ha finanziato la crescita con ulteriore indebitamento. Il nostro 4,6% di deficit/pil si piazza in ottima posizione rispetto al 10,4 della Gran Bretagna, al 9,2 della Spagna e al 7 della Francia. Resta chiaramente, il macigno del debito pubblico, dove l’Italia, con il suo 119%, è seconda solo alla Grecia.
Benzina sul fuoco è arrivata dagli Usa, con i conti pubblici definiti dal segretario al tesoro, Timothy Geithner, «insostenibili» e l’euro volato al nuovo record di 4,46 sul dollaro.

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