lunedì 4 aprile 2011

Fiat -31%, Chrysler +31: perciò Marchionne va in Usa

La coincidenza è curiosa, e forse simbolica. A marzo le vendite del gruppo Fiat, al di qua e al di là dell’Oceano, si sono chiuse con un andamento rappresentato dalla stessa cifra. Un destino comune, eppure bifronte, visto che la Chrysler negli Usa ha festeggiato un incremento del 31%, mentre il Lingotto in Italia ha dovuto ingoiare una flessione del 31,9%. Il risultato speculare, al di là della cabala, sintetizza in maniera chiara lo scenario complesso in cui il gruppo guidato da Sergio Marchionne si troverà ad operare nei prossimi mesi. I numeri prodotti dalle due anime della Fiat, infatti, ci spiegano più di qualsiasi chiacchiera i motivi per cui il manager della casa torinese continua a ventilare l’ipotesi di uno spostamento del baricentro degli interessi del Lingotto.

Fino ad ora le cattive performance ottenute negli ultimi mesi nel nostro Paese e in tutto il Vecchio continente sono state spiegate con gli effetti perversi degli eco-incentivi. L’onda lunga dello stop agli aiuti che ha depresso il mercato e falsato il confronto con le vendite dell’anno passato.
Ma il sostegno pubblico agli acquisti è ormai finito da un pezzo e la favola non potrà più essere raccontata a lungo. La realtà è che il mercato europeo viaggia ancora col freno a mano tirato. La crisi non smette di mordere, l’industria fatica, i consumi non ripartono e le auto non si comprano. Risultato: le vendite a marzo sono andate addirittura peggio di febbraio, quando il calo si è arrestato ad un meno 27%. Una disfatta mitigata solo da una leggera risalita (dal 28,4 di febbraio al 29,3%) della quota di mercato in Italia, anche se la percentuale resta comunque inferiore al 31,2% dello stesso mese del 2010.

Tutt’altra la musica nel Nuovo continente, dove l’economia in qualche modo è tornata a carburare e i consumi hanno iniziato a dare segnali di risveglio importanti. Un mercato più vivace, dove il gruppo Fiat-Chrysler ha messo a segno un balzo del 31% delle vendite, che in termini assoluti significa 121mila veicoli immatricolati. Praticamente il triplo dei 55mila usciti dai concessionari italiani.
E non è finita, perché il risultato è stato il migliore nel mese di marzo dal 2008 ad oggi e il più alto in assoluto per qualsiasi mese a partire dal maggio 2008. Complessivamente, nel primo trimestre del 2011 le vendite al dettaglio del gruppo Chrysler hanno mostrato un aumento del 51% rispetto allo stesso periodo del 2010. Percentuale che si confronta con il meno 29,1% registrato dal gruppo Fiat in Italia.
Se le cose stanno così, si capisce che il cuore e la passione, parole spesso usate dal giovane John Elkann per rassicurare il governo sulle intenzioni del Lingotto di non lasciare il Paese, conteranno ben poco. Conterà moltissimo, invece, la collaborazione dei lavoratori e dei sindacati per abbattere i costi ed aumentare la produttività degli impianti italiani. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ieri, commentando i dati, ha detto che «il futuro non è scritto». Ma l’idea che la Fiat possa restare a lungo in un mercato dove non si vende e dove sfornare veicoli costa più che altrove appare sempre più stravagante.

© Libero