Non siamo alla rissa da condominio, come è accaduto in Generali, ma poco ci manca. Rispettando le previsioni della vigilia, l’assemblea di Telecom (con una rappresentanza record di oltre il 50% dei soci) si è svolta in un clima a dir poco infuocato, tra la furia dei Fossati, le stoccate del consigliere di minoranza Luigi Zingales le critiche dei piccoli azionisti.
Alla fine, comunque, malgrado le scintille, tutto si è svolto come da copione, con la vittoria completa del blocco di controllo riunito in Telco. La lista dell’azionista di maggioranza (con il 22,5%) della compagnia telefonica ha raccolto il 46,89% dei voti, mentre quella di minoranza presentata da Assogestioni ha incamerato il 39,35% delle preferenze. Risultato: 13 dei 15 posti disponibili in cda sono stati pescati dall’elenco concordato dai soci di Telco (Generali, Mediobanca, Intesa e i Benetton). Gli altri tre sono stati assegnati ai fondi, che riportano in consiglio l’economista Luigi Zingales, affiancato da Ferdinando Beccalli Falco e Francesco Profumo. A bocca completamente asciutta, malgrado in tasca abbia il 5% del capitale e sia il primo socio privato della compagnia, è invece restata la famiglia Fossati.
La società di riferimento Findim aveva due rappresentanti nel precedente cda. Non ne avrà nessuno in quello nuovo. Avendo ricevuto solo l’11,7% dei voti la lista, di cui facevano parte Gianemilio Osculati, Paolo Dal Pino e Carlos De Lucena e Vasconcelos Cruz, è rimasta esclusa dalla ripartizione. Un esito clamoroso, per quanto annunciato e forse inevitabile. In base ai meccanismi di nomina previsti dallo statuto, anche se i Fossati avessero appoggiato la lista di Assogestioni (di minoranza e quindi con soli tre nomi), e superato la percentuale di Telco, sarebbero comunque restati fuori dal consiglio. L’unica alternativa era quella di sostenere il blocco di controllo e di concordare l’ingresso per cooptazione di uno o più rappresentanti. Strada che la Findim non ha voluto percorrere, preferendo invece una contrapposizione frontale sfociata nel voto contrario al bilancio. Scelta motivata dalla mancanza di chiarezza nei rapporti tra Telco e la società e condivisa anche dai piccoli azionisti riuniti in Asati, che hanno auspicato la trasformazione del gruppo in una public company. Il drappello di dissidenti ha totalizzato una quota di “ no” che è andata oltre il 10%. «Succede nelle migliori famiglie», ha minimizzato il finanziere franco tunisino Tarak Ben Ammar. Tenere i Fossati fuori dal cda, ha invece detto nel suo intervento all’assemblea l’ex consulente d’affari coinvolto in Tangentopoli e oggi presidente della Banca della Solidarietà, Sergio Cusani, «è irresponsabile». Freddo il commento dell’ex ad e futuro presidente Franco Bernabè: «Mi dispiace personalmente per Findim, ma i meccanismi statutari sono quelli».
L’invito del nuovo numero uno, che sostituirà il neo presidente delle Generali, Gabriele Galateri di Genola, ieri alla sua ultima assemblea, è quello di «voltare pagina». Il cda, ha spiegato Bernabé, deve «spendere tutte le energie per lavorare nel presente e per il futuro». Ma c’è anche chi, come Zingales, prima di chiudere col passato vuole fare chiarezza su quella che lo stesso ex ad ha definito «una fase patologica» dell’azienda. Secondo il consigliere indipendente, lo stesso che ha votato contro la decisione del cda di non portare in assemblea la richiesta di un’azione di responsabilità nei confronti della passata gestione, l’indagine su Telecom Sparkle deve proseguire affidando agli amministratori indipendenti il compito di ulteriori approfondimenti. Ipotesi subito stroncata da Galateri, secondo il quale «se ognuno pensa di fare delle verifiche per fatti suoi, non è democrazia, ma anarchia». E nulla, per ora, succederà nei confronti di Luca Luciani, ad di Tim Brasil e direttore generale designato, travolto dall’inchiesta sulle sim false con l’accusa di truffa aggravata. «Non sono necessari provvedimenti urgenti e sommari», è la risposta di Telecom alla Consob.
Quanto agli obiettivi finanziari, Bernabé ha spiegato che Telecom punta a «ridurre il debito a 25 miliardi nel 2013 dagli attuali 31,5». E il management continuerà «a lavorare sul taglio dei costi, con l’obiettivo di portare il rapporto con i ricavi dall’attuale 67% al 64%». L’assemblea ha poi approvato il piano di buy back delle azioni di risparmio fino a 800 milioni e il piano di incentivazione per la dirigenza e il vertice con premi diversificati per categorie e commisurati agli obiettivi.
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