mercoledì 20 aprile 2011

Le aziende cercano stampelle da Giulio

Bene il rigore, ma la scossa all’economia ancora non si vede. Potrebbe sembrare un disco rotto, quello di Confindustria, se non fosse che questa volta a lanciare l’allarme, in perfetta sintonia con gli imprenditori, ci sono anche le Pmi. La sostanziale sovrapposizione dell’analisi offerta ieri nel corso di due distinte audizioni alle commissioni Bilancio e Finance di Camera e Senato potrebbe far pensare ad un copione concordato. Ma il sospetto che sia la situazione del Paese a non offrire più tante letture alternative è forte. Anche perché imprenditori e artigiani concordano, senza preconcetti, nel sostenere l’azione meritoria del governo, e in particolare del ministro dell’Economia, nel tenere sotto controllo i conti pubblici. Anzi, secondo il direttore generale di Confindustria, quello messo a punto da Giulio Tremonti nel Documento di economia e finanza (Def) è un piano addirittura più ambizioso di quello varato dal governo Prodi per permettere all’Italia di entrare nell’euro.

Gli obiettivi indicati nel Def, spiega Galli, «delineano uno sforzo di gran lunga superiore a quello compiuto negli anni novanta per rispettare i parametri di Maastricht e partecipare fin dall’inizio alla moneta unica europea». L’impegno per gli industriali «è ancora più gravoso oggi, in un contesto reso difficile dalle conseguenze della crisi finanziaria globale e dalla perdita di competitività accumulata dal nostro Paese», ma lo sforzo di risanamento indicato dal governo, ammette Confindustria è «estremamente ambizioso», così come l’obiettivo di arrivare ad un sostanziale pareggio di bilancio nel 2014, a partire da un disavanzo pari al 4,6 per cento del Pil nel 2010. Per arrivare fin lì, spiega Galli, «il governo, oltre a confermare gli impegni già assunti, ne assume di ulteriori, prevedendo di varare una manovra di 2,3 punti di Pil per il biennio 2013-2014. Si tratta di circa 39 miliardi, una cifra ben superiore a quella, di 25 miliardi, approvata la scorsa estate».

E la «sostanziale condivisione» degli sforzi per arrivare al pareggio di bilancio arriva anche da Rete Imprese (associazione che riunisce Confcommercio, Confartigianato, Cna, Confesercenti e Casartigiani) che definisce «realistico» il documento presentato da Tremonti. Detto questo, sottolinea il segretario di Confartigianato, Cesare Fumagalli, «le indicazioni nel piano nazionale delle riforme rispetto al delta di crescita e sviluppo che avrebbe dovuto contenere sono insufficienti». E’ sul Pnr, sbandierato con orgoglio dal governo come il documento che traccerà la linea, anche di fronte all’Europa, delle misure con cui l’Italia farà ripartire l’economia, che si concentrano lo scetticismo e le perplessità delle imprese. Che di fronte al doppio fronte aperto dal ministro si chiedono se i due piatti non siano troppo sbilanciati. Gli obiettivi di risanamento, spiega infatti Fumagalli, rappresentanto sicuramente «un merito del documento ma anche un limite consistente nella costruzione di misure per lo sviluppo».

Anche per Confindustria è condivisibile che «senza stabilità della finanza pubblica non è possibile lo sviluppo economico», come sostiene sempre Tremonti, ma in questa delicata fase per l’economia del Paese indebolita dalla crisi, «è vera anche la relazione inversa: senza crescita è molto difficile conseguire la stabilità finanziaria». Galli definisce senza mezzi termini «deludente per quanto attiene alle azioni concrete» il piano delle riforme. E chiede «uno scatto di orgoglio per affrontare le urgenze del Paese».
Scatto che, secondo le Pmi, dovrebbe partire da «un più ampio progetto di riforma fiscale con una sostanziale riduzione del prelievo sul lavoro e sulle imprese» e non, come sembra intenzionato Tremonti, da un aumento di prelievo sui consumi che provocherebbe lo spostamento del peso fiscale dalle imposte dirette a quelle indirette.

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