sabato 11 luglio 2009

Vince Giulio: regole italiane contro la crisi

L’Italia la spunta sul “Global legal standard”, ma la cosa che più ha dato soddisfazione a Silvio Berlusconi è stato il sostegno del G8 alla linea dell’ottimismo tanto contestata in Italia. Dal G8 «intendiamo mandare un messaggio di fiducia», ha detto il premier durante una conferenza stampa in serata, «la crisi, per la sua parte più dura, è alle nostre spalle». E stavolta non sarebbe solo il Cavaliere a vedere rosa, ma tutti gli Otto grandi, concordi, ha spiegato Berlusconi, nel vedere «ovunque solo segnali di miglioramento». Al punto da condividere l’invito lanciato dal Fondo monetario internazionale di iniziare a ragionare seriamente sulle vie d’uscita (le exit strategy) dalla crisi. Anche se la situazione «rimane incerta e rimangono rischi significativi per la stabilizzazione economica e finanziaria», si legge nel documento approvato ieri, «ci sono segni di stabilizzazione». Ma al di là delle previsioni ottimistiche, è sulle nuove regole della finanza mondiale il risultato più importante incassato dal governo italiano e dal ministro Giulio Tremonti, che dell’iniziativa è ispiratore e che ieri si è addirittura presentato al G8 “fuori sacco” per sottolineare l’evento. Per carità, la discussione è ancora bloccata ai principi e alle linee guida, ma la sintonia ottenuta ieri non era affatto scontata. Alla vigilia del vertice lo stesso Berlusconi si mostrava scettico sulla possibilità di uscire dal G8 con in mano un pacchetto di punti condivisi da discutere poi nel concreto al prossimo summit di Pittsburgh, previsto nell’autunno.L’accelerazione di ieri, invece, fa ben sperare. Gli Otto grandi hanno infatti rinnovato l’impegno all’applicazione di norme e principi comuni, si legge nella bozza di dichiarazione finale, di «correttezza, integrità e trasparenza» coinvolgendo il G20 nella strategia definita dal cosiddetto “Lecce Framework”, il quadro di regole promosso appunto dalla presidenza italiana. Il G8 si impegna anche a stabilire norme più stringenti fra cui il controllo sugli hedge fund e i tetti agli stipendi dei manager. Per «assicurare una ripresa economica durevole» è necessario «risanare il settore finanziario anche stabilizzando i mercati finanziari e regolamentando l’attività bancaria». Piena convergenza, infine, sui paradisi fiscali e sulla lotta all’evasione.«Non possiamo continuare a tollerare - dicono i Grandi - grossi capitali nascosti per evadere il fisco». Ruolo fondamentale è affidato all’Ocse, che ha già stilato le black list sui paradisi, a cui si chiede di «proporre ulteriori passi» in vista del prossimo G20 finanziario. Raggiante Tremonti, che si è recato fino a Coppito per sottolineare che il «documento è assolutamente un’iniziativa dell’Italia» ed è nato dalla constatazione dell’attuale «sfasatura» tra regole locali che governano la finanza ed effetti globali. Le nuove regole, ha spiegato, «sono un’utopia, un sogno che si realizza.Il fatto che sia difficile realizzarle non significa che siano inutili, anzi». A dimostrazione di ciò, ha concluso, sta il fatto che «sono state approvate da tutti, anche da quanti non ci aspettavamo». Molto più complicata appare la strada sul clima, dove Cina e India sono pronte a puntare i piedi. I Paesi del G8, si legge nella dichiarazione finale, si impegnano a limitare «l’aumento globale della temperatura media a due gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali». Ma non solo. Gli Otto grandi sottolineano anche la «volontà di condividere con tutti i Paesi l’obiettivo di raggiungere una riduzione di almeno il 50% delle emissioni globali entro il 2050» e riaffermano il sostegno «all’obiettivo dei Paesi sviluppati di ridurre insieme le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050, prendendo il 1990 o anni più recenti» come punto di riferimento. Ma la posizione comune, ha spiegato Berlusconi, andrà discussa con i Paesi emergenti. Bisogna verificare «se sia possibile un’intesa con India e Cina». In serata, raggiunta una posizione comune sull’Iran: approvato una condanna al negazionismo più volte propagandato da Teheran.

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