mercoledì 15 luglio 2009

L'Onu torna all'attacco dei respingimenti

Ci risiamo. L’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite (Unhcr) torna all’attacco dell’Italia. Ad accendere la miccia sono ancora i cosiddetti “respingimenti” con cui il governo italiano sta cercando di contenere i flussi migratori di clandestini che tentano di raggiungere le nostre coste. Solo che questa volta, oltre all’accusa di non accettare richieste di asilo, l’Italia sarebbe anche colpevole di maltrattamenti ai danni degli immigrati. «L’Unhcr si vergogni e chieda scusa», è stata l’immediata risposta del governo per bocca dei ministri della Difesa e delle Politiche comunitarie, Ignazio La Russa e Andrea Ronchi. Al centro delle polemiche c’è un’operazione di respingimento verso la Libia avvenuta il primo luglio. Secondo l’Alto commissariato le autorità italiane non avrebbero «cercato di stabilire la nazionalità delle persone coinvolte», né tantomeno «le motivazioni che le hanno spinte a fuggire dai propri Paesi». E fin qui è la solita tesi per cui ogni clandestino che sale su un barcone assume automaticamente lo status di potenziale rifugiato. Ma nel corso dei colloqui con le 86 persone (in gran parte di nazionalità eritrea) intercettate dalla Marina a largo di Lampedusa, l’Unhcr avrebbe «raccolto testimonianze riguardo l’uso della forza da parte dei militari italiani» che avrebbero provocato la necessità di cure mediche per sei eritrei. Non solo, prima del trasbordo sulla motovedetta libica a molti sarebbero stati confiscati documenti «di vitale importanza», mentre altri avrebbero riferito di «aver trascorso quattro giorni in mare prima dell’intercettazione e di non avere ricevuto cibo dai militari italiani durante l’operazione durata circa 12 ore».Furioso il ministro La Russa, che tempo fa ingaggiò un duro confronto con la portavoce italiana dell’Unhcr, Laura Boldrini. «Non è ammissibile», ha detto, «la faciloneria con cui questo organismo internazionale accusi i marinai italiani di essere ladri, affamatori e violenti, mentre il loro comportamento è stato assolutamente corretto essendo intervenuti ancora una volta a tutela di questi disperati da quattro giorni in mezzo al mare». «Come ministro della Difesa», ha proseguito, «non posso accettare che i militari italiani vengano dipinti come negrieri». Il ministro ha poi spiegato di aver ricevuto una dettagliata informativa sul respingimento cui fa riferimento l’Unhcr e di aver fatto tutti i necessari accertamenti: «Le risultanze contrastano nettamente con quanto riferito dall’Alto commissariato che, per sua stessa ammissione, ha riportato soltanto la versione delle persone incontrate successivamente nei campi libici, senza interpellare le autorità italiane».Sullo stesso punto ha insistito Ronchi. «La cosa che lascia maggiormente perplessi», ha detto, «è che l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati abbia diramato un comunicato e lo abbia fatto senza procedere ad alcuna preventiva verifica con le autorità italiane delle versioni raccolte». Si tratta, per il ministro, «di accuse false, demagogiche, offensive e ripugnanti che offendono le nostre Forze armate che nel mondo dimostrano ogni giorno la loro moralità, la loro dedizione, umanità, competenza e sacrificio». Di qui la richiesta di scuse immediate all’Italia: «L’Unhcr si vergogni».E mentre il Pd non ha perso occasione per mettere subito in discussione la politica italiana sull’immigrazione, schierandosi al fianco dell’organismo Onu, La Russa ha spiegato nel dettaglio come sono andate le cose, rivelando che alcuni degli eritrei hanno «tentato azioni di forza» e che «nessuno di essi si era dichiarato rifugiato». Quanto ai documenti sottratti, il ministro ha ricordato che «tutto è stato messo in sacchetti individuali consegnati alla Guardia di Finanza che si trovava a bordo della motovedetta libica».

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