Altro che Istat. «Il peggio è passato e la situazione sta migliorando». Malgrado i dati poco incoraggianti che l’Istituto di statistica continua a snocciolare, Silvio Berlusconi non perde l’ottimismo. Anzi, è proprio per sgonfiare l’effetto panico di quelle analisi (che peraltro non modificano un andamento complessivo che ci vede più in forma di molti Paesi europei) che ieri è tornato a ribadire la sua fiducia nella capacità del sistema produttivo di sostenere l’impatto della recessione e del governo di tenere i conti in ordine. Perché il momento non è facile, ma il vero problema è «che c’è la crisi e c’è la paura della crisi». Ed è quest’ultima a fare più danni, perché frena i consumi e soffoca la domanda. È per questo che, secondo il premier, bisogna ingaggiare una vera e propria «guerra contro la paura». Tanto più, ha detto che «ci sono 14 milioni di lavoratori privati che non hanno avuto una diminuzione dei loro introiti e non hanno paura di perdere il posto». Infatti, ha sottolineato, «il 99 e qualcosa per cento delle aziende private ha dichiarato che mai rinuncerà al proprio principale fattore di ricchezza, che è il capitale umano».Piuttosto, ha aggiunto Berlusconi, «a rischio sul mercato restano soltanto i lavoratori autonomi, che però hanno una loro intima forza di ottimismo, di fiducia nel futuro, che chiudono aziende ma le riaprono». E comunque, ha precisato, «il saldo fra le aziende che chiudono e quelle che aprono è ancora oggi positivo».Anche dal fronte internazionale non dovrebbero più arrivare grandi minacce: «Ciò che doveva accadere è accaduto, chi doveva fallire è fallito, chi si doveva togliere dal mercato si è tolto». Oggi, ha spiegato, «non mi pare ci siano altre situazioni che dobbiamo temere». Ma allora, si è chiesto il premier, «perché tanti cittadini hanno cambiato le loro abitudini d’acquisto?».La ricetta, insomma, è quella di «guardare avanti per un futuro migliore». E non perché bisogna vivere nelle favole, ma perché solo in questo modo si riuscirà ad evitare che le conseguenze del dissesto dell’economia durino troppo a lungo. Del resto, per quanto impressionanti, le cifre fornite di recente dall’Istat sono assolutamente in linea con le previsioni fornite a fine giugno dall’Ocse, che piazzano l’Italia in posizione medio-alta della classifica delle economie europee. E, come ha detto lo stesso premier, sono molti gli indicatori, da quelli che arrivano dall’Inps sul rallentamento della cassa integrazione a quelli di Unioncamere sulla tenuta del sistema delle Pmi, che lasciano intravedere concreti segnali di ripresa del ciclo produttivo. Anche da Confindustria ieri sono arrivati segnali di ottimismo. «Non c’è più la percezione di essere sull’orlo del precipizio», ha detto la presidente Emma Marcegaglia, «probabilmente il peggio lo abbiamo alle spalle, c’è qualche segnale di miglioramento ma non bisogna abbassare la guardia».Ottimismo e buon senso che non sono affatto bastati a rassicurare un’opposizione che, tra una polemica sul Noemi-gate e un’indignazione per il lodo Alfano, non ha perso l’occasione di utilizzare i dati diffusi nei giorni scorsi dall’Istat per denunciare l’inerzia di Berlusconi di fronte alla crisi. Il governo nega la realtà «voltando la faccia dall’altra parte», ha tuonato Dario Franceschini. Le parole del premier secondo il leader del Pd, sarebbero «uno schiaffo inaccettabile alle famiglie e alle imprese». Mentre per l’Italia dei Valori l’ottimismo del premier rappresenta addirittura il primo passo verso il «regime».Più cauto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ritiene un po’ prematuro dire che il peggio è passato, ma invita tutti «a remare dalla stessa parte».
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