martedì 14 luglio 2009

Che scudo è senza sanatoria?

Malgrado il polverone alzato dall’opposizione, Giulio Tremonti non sembra intenzionato a mollare l’osso. La diffusione di una bozza d’iniziativa parlamentare sullo scudo fiscale, con la previsione di una sanatoria per reati come la bancarotta e il falso in bilancio, ha intorbidito le acque. Il Pd, e soprattutto l’Idv di Antonio Di Pietro, hanno denunciato a gran voce il tentativo di porre in essere un riciclaggio di Stato. In realtà, la misura allo studio dei tecnici del Tesoro è da mesi oggetto di dibattito nelle sedi internazionali ed è la diretta conseguenza dell’accordo trovato ad aprile al G20 di Londra sulla lotta coordinata ai paradisi fiscali. Un accordo che ha prodotto l’immediata classificazione da parte dell’Ocse degli Stati in diverse liste in base al grado di aderenza agli standard internazionali in materia di trasparenza bancaria e scambio di informazione.
Strada obbligata
Della questione si è discusso anche nel corso dell’ultimo G8 e l’idea che per colpire i paradisi fiscali e l’evasione sia necessario anche utilizzare lo strumento del condono è condivisa da molti Paesi (tra cui Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Polonia e Ungheria), che hanno già messo in atto varie forme di scudo fiscale e di sanatorie per favorire il rientro dei capitali dall’estero. È chiaro, infatti, che alle aliquote agevolate per la regolarizzazione delle somme nascoste al fisco bisognerà affiancare anche una qualche garanzia per le imprese (soprattutto quelle piccole) che altrimenti avrebbero solo da perdere dal rientro dei capitali. Resta da capire quale formula utilizzare e quanto esteso sarà il perimetro della sanatoria, che non dovrebbe comunque comprendere i reati cui faceva riferimento la bozza parlamentare.
Un fondo per l’aquila
L’altro problema su cui stanno lavorando i tecnici del Tesoro è quello relativo all’utilizzo dell’extra gettito per la ricostruzione dell’Abruzzo. Attualmente le ipotesi circolate parlano di due aliquote. La prima al 5% per chi deciderà di investire le somme in titoli di Stato o buoni postali emessi dalla cassa depositi e prestiti destinati all’aiuto per la popolazione colpita dal terremoto. Per tutti gli altri il costo del rientro sarebbe invece del 7-8% sulla somma da regolarizzare. L’idea di Tremonti è quella di creare un fondo ad hoc ben remunerato e costituito per circa 3 miliardi dal gettito proveniente dallo scudo e per altri 3 da privati, che investirebbero (con rendimenti elevati) direttamente i capitali riportati in Italia. Si tratterebbe di 5-6 miliardi che andrebbero a coprire buona parte dei costi per l’Abruzzo stimati in 8 miliardi. La norma, però, sarebbe in contrasto con le direttive Ue sulla libera circolazione dei capitali, secondo le quali le misure anti evasione non possono introdurre un principio di discriminazione. Sulla questione l’Italia ha già avviato i contatti con la Commissione Europea per il confronto sul provvedimento. Lo ha rivelato ieri il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi, durante un incontro a Strasburgo con i 72 europarlamentari italiani. Se la soluzione non si trovasse, il governo potrà comunque utilizzare lo scudo per l’Abruzzo.
Il piano b
La norma è già in vigore ed è contenuta nella legge 77 del 2009, che ha convertito il decreto di aprile sugli “interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella Regione Abruzzo”. All’art.14, comma 4, si legge che “le maggiori entrate rivenienti dalla lotta all’evasione fiscale, anche internazionale, derivanti da futuri provvedimenti legislativi, affluiscono ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’Economia destinato all’attuazione delle misure di cui al presente decreto e alla solidarietà”. Questa passaggio offre copertura allo scudo e permette di appigliarsi all’articolo 100 del Trattato Ue che consente agli Stati di ricorrere a strumenti eccezionali in caso di emergenze.
Maggiori dettagli non si avranno probabilmente prima di domani, quando il governo dovrebbe alzare il velo sulle modifiche al dl fiscale, che saranno contenute in un maximendamento. Tra le oltre 1.100 proposte presentate ieri alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera non compare infatti nessuno dei correttivi strategici, tranne quello presentato dai deputati del PdL Cazzola e Della Vedova sull’innalzamento dell’età pensionabile delle statali. Su cui però non c’è ancora l’accordo nel governo.

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