sabato 7 maggio 2016

Tedeschi indagati per il boom dello spread

Francoforte 2011: attacco all’Italia. La procura di Trani aggiunge un altro clamoroso tassello alla teoria del complotto internazionale che fece esplodere lo spread, mise all’angolo l’ex premier Silvio Berlusconi e portò il Paese sull’orlo del baratro. Dopo l’offensiva nei confronti delle agenzie di rating, attualmente sotto processo con l’accusa di aver deliberatamente minato la fiducia degli investitori verso l’Italia, i magistrati ora fanno rotta verso la Germania. Precisamente verso Deutsche Bank, accusata di aver messo in atto «condotte manipolative del mercato di tipo informativo-operativo».

Nel mirino del pm di Trani, Michele Ruggiero, c’è l’ormai nota operazione con cui l’istituto tedesco, nei primi mesi del 2011, si liberò frettolosamente di oltre 7 miliardi (sugli 8 detenuti) di titoli di Stato italiani. La vicenda è da tempo considerata un perno centrale del presunto intrigo ai danni del nostro Paese. Chi, come il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, ha denunciato fin dall’inizio la mossa dei banchieri tedeschi, non esclude che anche il governo di Berlino abbia avuto un ruolo nella partita. Tesi nel corso degli anni avvalorata dalle numerose rivelazioni di giornalisti, ex capi di Stato ed ex ministri sull’esistenza di una manovra di accerchiamento internazionale nei confronti dell’Italia.

Non si spinge così oltre la procura di Trani, che però ha le idee molto chiare sul comportamento della banca. Secondo i pm, che nelle scorse settimane hanno effettuato una serie di perquisizioni nella sede milanese dell’istituto, Deutsche Bank, in tre pubblicazioni del periodo febbraio-marzo 2011, definì sostenibile il debito  dell’Italia, ma nascose le sue reali intenzioni di ridurre subito e drasticamente i titoli  in portafoglio. Una volontà che risulta dalla contestuale massiccia vendita di Btp, fatta “over the counter”, senza che fosse divulgata al mercato regolamentato, e giustificata “falsamente” solo a posteriori.

Nello stesso periodo, sempre senza comunicare nulla al mercato né al nostro ministero dell’Economia, la banca acquistò circa 1,4 miliardi di credit default swap di copertura per il rischio Italia. Il tutto, per Ruggiero, costituisce «una manovra idonea ad alterare la regolare formazione del prezzo dei titoli di Stato italiani».
Cinque gli ex manager indagati: l’ex presidente Josef Ackermann, gli ex co-amministratori delegati Anshuman Jain e Juergen Fitschen, l’ex capo dell’ufficio rischi Hugo Banziger e Stefan Krause, ex direttore finanziario ed ex membro del board.

Da Francoforte, ovviamente, negano tutto. Dopo aver definito l’inchiesta «priva di fondamento» e aver ricordato «che nel 2011 l’istituto aveva già risposto a una richiesta della Consob e aveva fornito le informazioni e i documenti relativi», Deutsche Bank ha comunque assicurato che sta «collaborando con le autorità».
Chi vuole andare fino in fondo, soprattutto sul terreno politico, è Brunetta, il quale, appresa la notizia, ha ribadito la necessità di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti del 2011, chiedendo inoltre a Matteo Renzi di far costituire il governo come parte civile al processo. La procura ha comunque anticipato che intende ascoltare come tesimoni sia l’ex ministro Giulio Tremonti sia l’ex premier Romano Prodi.

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