giovedì 26 maggio 2016

Padoan vuole l'aiutino anche nel 2017

Appena incassata la generosa flessibilità della Ue, il governo è già ripartito all’attacco del 2017. Solo la scorsa settimana, grazie ad un difficile lavoro di mediazione con i falchi della Commissione Ue, l’Italia è riuscita a far digerire una corposa deviazione dagli impegni presi nell’ambito del Patto di Sstabilità. Per l’esattezza, uno sconto di 13,5 miliardi, che equivale ad una mancata riduzione del rapporto deficit/pil dello 0,85%, un decimale in più del limite fissato dalle regole comunitarie anche per i Paesi più indisciplinati. Lo scambio accettato da Bruxelles era quello di un rigore assoluto sui conti pubblici del prossimo anno. Periodo in cui il governo dovrebbe non solo mantenere l’impegno messo nero su bianco nel Documento di economia e finanza di sforbiciare il deficit fino all’1,8% (dal 2,3 del 2016), ma dovrebbe anche aggiungere qualcosa sul piatto, visto che secondo le stime della Ue l’indebitamento sarà all’1,9%.

Ma l’appetito vien mangiando. E ieri Pier Carlo Padoan ha annunciato che a Palazzo Chigi è già pronta una nuova richiesta di allentamento dei vincoli. «Posto che l’Italia abbia i requisiti necessari», ha detto il ministro dell’Economia nella conferenza stampa a Bruxelles dopo l’Ecofin, «chiederà alla Commissione Europea l'applicazione delle clausole di flessibilità anche per il 2017».
La tesi è sempre la stessa: il Paese ha finora fatto i compiti a casa e si merita ulteriori aiuti. «L’Italia», ha infatti spiegato Padoan, «ha condotto una politica di bilancio totalmente in linea con le regole Ue, sia in termini di vincoli che di opportunità».
In ogni caso, ha precisato, «dobbiamo ancora capire, nel prossimo futuro, che utilizzo sarà fatto, a livello di Commissione e quindi di Europa, degli strumenti di flessibilità» perché «entriamo in un mondo in cui ci sono segnali ancora da chiarire». E la linea non cambia neppure sul debito, su cui la Ue è con i fucili puntati, sostenendo che quest’anno non ci sarà affatto la riduzione prevista dal Def dal 132,7% del pil del 2015 al 132,4% del 2016. Il governo resta invece convinto che il debito «scenderà rapidamente».

 Il ministro dell’Economia ha ammesso che «rispetto a qualche mese fa l’inflazione in italia si è rivelata più bassa di quella attesa e quindi la crescita nominale è molto più bassa, ed è la crescita nominale, non la reale, che determina la dinamica del debito». Malgrado questo, «continuiamo a prevedere per il 2016 l’inizio della discesa del debito e questo dipende da una diversa valutazione che noi facciamo in tema di privatizzazioni rispetto a quella delle istituzioni internazionali. Intanto, e questo è riconosciuto da tutti, il debito si è stabilizzato, cioè ha smesso di crescere, e non potrà stare fermo per molto tempo, dovrà cominciare a scendere e scenderà molto rapidamente».
Manifestazioni di ottimismo che non cambiamo di molto la sostanza dei fatti emersi dall’ultimo confronto con Bruxelles. La Ue ha chiesto all’Italia per il 2017 un aggiustamento strutturale del deficit di 0,6 punti, il che significa 8 miliardi. In subordine l’Italia potrebbe cavarsela con una correzione di soli 3 miliardi (lo 0,15-0,2% del pil) ma dovrà trovare altrove le risorse per disinnescare i 15 miliardi di aumenti dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. Un’operazione finanziata nelle stime contenute nel Def solo a metà, con l’aumento del derficit/pil dallo 1,4% tendenziale all’1,8%. Mancano dunque all’appello circa 8 miliardi. In tutti circa 11, che nessuno sa dove saranno presi.

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