martedì 31 maggio 2016

Come scoprire se l'Inps ti frega i soldi

Coefficienti di rivalutazione, indicizzazione Istat, contributi figurativi, indennità, congedi. Verificare la congruità di un assegno previdenziale non è come controllare lo scontrino della spesa. Spesso gli scostamenti tra l’importo erogato e quello realmente dovuto sono minimi e quasi mai il lavoratore, quand’anche avesse gli strumenti teorici per effettuare un controllo, è in possesso di tutta la documentazione tecnica su cui viene elaborato il calcolo.

I dati provenienti dal territorio, di cui Libero ha scritto ieri, hanno però confermato che una consistente percentuale (con una forbice tra il 25 e il 42%) delle pensioni è sballata per difetto. E lo stillicidio mensile, che nella maggior parte dei casi oscilla dai 10 ai 70 euro, nel corso degli anni può trasformarsi in una considerevole perdita che, visti gli scenari previdenziali a cui il Paese va incontro, sarebbe assurdo regalare all’Inps.
Il problema, a questo punto, è capire come procedere per scoprire l’errore. E, questione non secondaria, come farlo per tempo, considerato che dal 2011 la possibilità di chiedere il ricalcolo decade dopo tre anni dall’erogazione del primo rateo di pensione. Per stare proprio sicuri, i patronati consigliano di fare un check alla pensione ogni anno. Ma ci sono casi in cui una misura precauzionale così serrata non è del tutto necessaria. Non tutti i lavoratori in quiescenza, infatti, sono esposti agli stessi rischi.

Intanto, decadenza a parte, le vecchie pensioni, sono solitamente meno soggette ad errori, essendo in prevalenza scaturite da una storia contributiva lineare tipica del «posto fisso». La maggior parte delle inesattezze si riscontra, invece, nei trattamenti dei lavoratori con carriera discontinua o con diversi periodi di mobilità, casi che negli ultimi anni sono diventati molto più frequenti. Un errore diffuso è, ad esempio, quello relativo al mancato coefficiente di rivalutazione Istat per il periodo di disoccupazione indennizzato. In questo caso non si tratta di una svista, ma di una inefficienza amministrativa che riguarda gli obblighi previsti dal decreto legislativo 503/1992 secondo cui le retribuzioni figurative accreditate negli anni della mobilità lunga (superiore ad un anno), oltre all’ordinaria rivalutazione relativa alle dinamiche inflattive, devono essere rivalutate anche in ragione degli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza, rilevati dall’Istat.
Per diverse decine di migliaia di lavoratori, però, l’Inps dal 2008 non ha eseguito questo calcolo e ha cominciato a liquidare le pensioni dei lavoratori con periodi di mobilità in modalità provvisoria.
Lo scorso anno l’Istituto di previdenza ha assicurato di aver aggiornato tutti i coefficienti e di aver iniziato a procedere autonomamente con il ricalcolo di tutti i trattamenti indebitamente decurtati. Ma per chi ha avuto la sfortuna di finire in mobilità dal 2009 un controllino è meglio farlo.
Altri problemi frequenti sono quelli che insorgono in fase di accredito di contribuzione sia obbligatoria sia figurativa. Non di rado un errato scambio di informazioni tra Inps e sostituto di imposta comporta l’accredito di un numero di settimane inferiore a quello spettante. Il livello di rischio sale per quegli accrediti figurativi che non sono operati d’ufficio dall’Inps non essendo conoscibili dall’ente gli eventi che li hanno generati. Rientrano in questa categoria la maternità al di fuori del rapporto di lavoro, il servizio militare, l’aspettativa per cariche politiche e sindacali, la malattia al di fuori del rapporto di lavoro.

Occhi aperti, poi, in tutti i casi in cui le prestazioni siano legate al reddito, come per l’integrazione al minimo o per la pensione ai superstiti. In alcune circostanze, anche se più raramente, l’errore può intervenire anche in corso d’opera, dopo la liquidazione del primo assegno, a causa di calcoli errati sui contributi di solidarietà, sulle imposte o sulla rivalutazione in base all’inflazione.
In presenza di dubbi o sospetti occorre chiedere un ricalcolo ad un intermediario abilitato il quale, dopo aver verificato l’errore, presenterà all’Inps domanda di ricostituzione della pensione. Nei casi più complicati, purtroppo, potrebbe essere necessario ricorrere all’autorità giudiziaria.

© Libero