venerdì 27 maggio 2016

Confindustria voterà sì, ma chiede più Iva

Un sì, seppure non esplicito, al referendum, un apprezzamento all’azione in Europa contro l’austerity e un suggerimento su dove trovare le risorse per il taglio del cuneo fiscale. Nella giornata di esordio da presidente di Confindustria, Vicenzo Boccia, ha cercato di non entrare troppo nel vivo del dibattito politico. Ma il segnale arrivato dall’Auditorium di Roma, dov’era presente anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella, è comunque di una mano tesa al governo. Soprattutto sul fronte delle riforme, dove Boccia ha invitato l’esecutivo ad andare avanti «con forza», perché solo così «possiamo tornare ad essere un Paese autorevole».

Il numero uno di Viale dell’Astronomia (che assumerà una posizione ufficiale solo dopo un confronto interno, il 23 giugno) ha provato a smarcarsi sulla questione referendum, spiegando che le riforme «non hanno un nome ma un oggetto, non conta chi le fa ma come sono fatte». Ma Confindustria «si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il titolo V della Costituzione», non può quindi che vedere «con soddisfazione» che oggi «questo traguardo è a portata di mano».
Boccia ha poi avuto parole di soddisfazione per il duello ingaggiato dall’esecutivo con Bruxelles. Se oggi la politica di bilancio in Europa non è più restrittiva, ha spiegato, «lo si deve all’azione dei governi italiani, soprattutto di quello in carica». Più delicato il tema delle tasse, dove il presidente di Confindustria ha chiesto di «spostare il carico fiscale». Alleggerirlo su lavoro e imprese e aumentarlo «sulle cose». Un passaggio che ha fatto saltare sulla sedia i rappresentanti di Confedilizia («se si riferisce agli immobili siamo sconcertati»), ma che in realtà va dritto sulla questione dell’Iva, che in mancanza di sterilizzazione delle clausole di salvaguardia il prossimo anno aumenterà di 15 miliardi. Ipotesi smentita prontamente dal governo. «Non abbiamo in previsione aumenti dell’Iva», ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, «gli imprenditori facciano investimenti e si assumano il pezzo di responsabilità che loro compete». Da qualche parte, però, i soldi andranno trovati. Perché, ha proseguito Boccia, l’economia è ripartita ma «non è in ripresa» e «la riduzione dell’Ires al 24% nel 2017 non basta». Bisogna dunque intervenire sul contrasto all’evasione fiscale e sulle tax expenditures.

Il clima con il governo è comunque buono. La relazione raccoglie il plauso di molti esponenti di governo. Mentre è quasi un idillio quello con il neo ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, che in Confindustria ha lavorato con Luca Cordero di Montezemolo, accolto calorosamente dall’assemblea. Dal palco Calenda ha garantito che si lavorerà insieme, perché «non esiste in un Paese moderno la possibilità di fare politica industriale se non con le imprese e per le imprese». E per il rilancio della produttività serve «una assunzione di responsabilità condivisa tra industria e Governo». All’insegna della collaborazione anche l’intervento del ministro della Cultura, Dario Franceschini, che ha sottolineato l’attenzione del nuovo leader di Confindustria per il binomio «cultura e industria» come driver per lo sviluppo.
Quanto ai contratti, uno dei temi caldi dell’agenda lasciata da Giorgio Squinzi, Boccia ha spiegato che non appena si saranno chiusi i rinnovi in corso, la riforma tornerà al centro del negoziato tra viale dell’Astronomia e i sindacati. Un appuntamento un po’ vago, considerato che il contratto dei metalmeccanici, il più ostico, è ancora congelato e nessuna ipotesi di accordo è in visto. La strada, comunque, con «i profitti al minimo storico» è quella di uno «scambio tra produttività e salari». Se si alza la prima, si alzano i secondi. «Una visione vecchia», ha replicato la Cgil.

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