Aziende fantasma, assunzioni fittizie, malattie inesistenti. Non passa settimana senza che qualche procura italiana non scopra una truffa ai danni dell’Inps, un raggiro per incassare prestazioni a sbafo o assegni previdenziali non dovuti. Anche l’Istituto guidato da Tito Boeri, però, di tanto in tanto inganna i contribuenti. Nessuna truffa, sia chiaro, e neanche illeciti. Ci mancherebbe. Ma di errori l’Inps ne fa. E tanti. Stando ai dati diffusi da Equitalia, che si occupa di emettere i ruoli per la riscossione dei contributi previdenziali non versati, dal 2000 al 2015 l’ente avrebbe mandato in circolazione cartelle pazze per la bellezza di 23,3 miliardi di euro.
Il numero uno degli esattori, l’ad Ernesto Maria Ruffini, edulcora il fenomeno parlando di «pretese in alcuni casi poco solide o non adeguatamente motivate». Ma la sostanza cambia poco: una quota consistente delle richieste di pagamento inviate ai contribuenti non doveva neanche uscire dagli uffici della pubblica amministrazione. Si tratta, infatti, di cartelle «annullate dagli stessi enti creditori, in quanto ritenute indebite (cioè non dovute dai contribuenti) a seguito di provvedimenti di autotutela da parte dei suddetti enti creditori o di decisioni dell’autorità giudiziaria». Per definire con esattezza lo status di questi ruoli Ruffini utilizza il detto latino tamquam non essent: come se non ci fossero. Il problema è che per arrivare a questa definizione c’è voluta comunque una contestazione, un rilievo, un’opposizione da parte del malcapitato destinatario, che la cartella «che non c’è» l’ha comunque ricevuta. E chi paga senza fiatare? Chi non vuole avventurarsi in quello che potrebbe rivelarsi un lungo contenzioso temendo di soccombere?
Una stima della cartelle indebite regolarmente saldate da lavoratori e imprese, ovviamente, non esiste. Quella delle cartelle annullate, però, non è molto rassicurante. Con i suoi 23,3 miliardi di ruoli sballati l’Inps è secondo soltanto all’Agenzia delle entrate, che negli stessi 15 anni ha mandato in giro richieste di pagamento non dovute per 175 miliardi a fronte di 795 miliardi di ruoli emessi. L’Inps invece di ruoli complessivi ne ha emessi per 147,9 miliardi. Il che significa che quelli indebiti rappresentano il 15,8% del totale.
Anche senza considerare gli errori, comunque, l’Istituto riesce ad incassare ben pochi crediti, come abbiamo già scritto su Libero nei giorni scorsi. Togliendo quelli annullati in partenza si scende a 124,6 miliardi di ruoli. Somma da cui bisogna, però togliere altri 34,3 miliardi di cartelle inviate a soggetti falliti, deceduti o nullatenenti. Rimangono sul piatto 90,3 miliardi di euro. Ma anche questi sembrano difficili da recuperare. Tra rate scadute e azioni cautelari non andate a buon fine vanno via altre decine di miliardi. Il gruzzolo rimasto alla fine dei 15 anni è assai esiguo. Rispetto all’ammontare complessivo di 147,9 miliardi l’Inps è riuscito finora, i dati si fermano al 31 dicembre 2015, a riscuotere solo 23,4 miliardi di euro. Una cifra paradossalmente simile a quella delle cartelle pazze.
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