venerdì 6 maggio 2016

Via il bollo e più accise? Punito chi fa più di 20mila km l'anno

Un altro taglio delle tasse a spese dei contribuenti. È questa la sostanza dell’annuncio fatto mercoledì da Matteo Renzi sulla possibile abolizione del bollo auto. L’idea non sarebbe il semplice azzeramento del poco amato balzello, ma lo spostamento del gettito da una voce all’altra del comparto tributario, nel caso specifica sull’accisa che grava sui carburanti.  Come ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio, si tratta di «far pagare solo chi usa, consuma, inquina».

Un concetto semplice, che diventa esplosivo se applicato alla realtà dei numeri e dei fatti. La massa da spostare è di 5,9 miliardi di euro e dovrebbe essere caricata su un gettito complessivo delle tasse sulla benzina che nel 2015 si è attestato a  35 miliardi. Per compensare le mancate entrate del bollo bisognerebbe aumentare l’accisa di 16 centesimi al litro. Un balzello che si andrebbe ad aggiungere ad una selva di imposte (introdotte a partire dal 1935  e mai cancellate)  che già paghiamo quando andiamo il distributore. Attualmente, compresa l’Iva, il peso del fisco è a quota 50 centesimi al litro.
Un salasso che non colpisce tutti nella stessa maniera. Al di là dell’inquinamento, infatti, c’è chi con l’auto ci lavora, come taxisti, autonoleggiatori, agenti di commercio e piccoli trasportatori. L’eliminazione del bollo non avvantaggerebbe queste categorie, così come non sarebbe conveniente per chi ha auto di piccola cilindrata. La Cgia di Mestre ha fatto due calcoli e ha scoperto che a guadagnere dalla mossa di Renzi sarebbero gli automobilisti che possiedono una vettura di grossa cilindrata e percorrono meno di 20mila chilometri l’anno. Tutti gli altri ci rimetteranno. Ma non è tutto. Invece di ridurre il peso del fisco sull’auto, che complessivamente nel 2014 ha pesato per 72 miliardi sulle tasche degli italiani, la mossa di Renzi potrebbe anche inasprire la tassazione. Il bollo, infatti, come ci spiega il Servizio politiche territoriali della Uil, costituisce l’11,7% del gettito delle Regioni. E senza un’adeguata compensazione il rischio di un incremento dei balzelli locali è dietro l’angolo.
Per restare in tema, ieri il Mef ha diffuso i dati sulle entrate  del primo trimestre, arrivate a quota 92,1 miliardi, con un balzo del 3,6% (3,2 miliardi) rispetto al 2015. E senza neanche gli incassi del canone.

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