domenica 8 settembre 2013

Il governo ricatta Silvio

L’Iva, l’Imu, lo spread, il surriscaldamento globale, l’invasione delle cavallette. Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni sono ottimisti. «Sono fiducioso e determinato ad andare avanti», dice il primo. «Le probabilità di una crisi diminuiscono giorno per giorno», dice il secondo. Se, però, qualcosa dovesse andare storto, allora aspettiamoci catastrofi e cataclismi.
Come ormai è prassi quotidiana, in vista dell’appuntamento di domani al Senato quando la giunta delle elezioni e delle immunità dovrà decidere sulla decadenza di Silvio Berlusconi, anche ieri gli esponenti del governo hanno passato la giornata ad elencare le sventure che arriverebbero da una eventuale caduta.

 L’affondo più pesante arriva da Cernobbio per bocca di Saccomanni. «Il primo impatto», spiega il ministro, «sarebbe sui mercati finanziari. Temo un aumento dei tassi di interesse e un riacutizzarsi dello spread che significa maggiori oneri per gli italiani». Non solo. Il riaccendersi delle tensioni sul debito «creerebbe problemi di disavanzo» e i segnali positivi su una ripresa «saranno cancellati se si torna a un’incertezza politica interna e internazionale».
Sulla ripresina in atto il ministro ha trovato anche il tempo di scherzare con Alberto Bombassei (patron della Brembo e deputato di Scelta civica) che venerdì aveva detto di non vedere segnali, «forse perché non porto gli occhiali». Così, ieri in sala da pranzo Saccomanni si è avvicinato all’imprenditore porgendogli le sue lenti, tra l’ilarità generale.
Il buon umore del ministro, che a Cernobbio ha avuto anche un incontro riservato col premier Letta, deriva dalla convinzione che «la crisi non ci sarà» e che il vento sta cambiando. «Non faccio previsioni, guardo i numeri che sono a disposizione di tutti», spiega a margine del workshop Ambrosetti, «vedo che stiamo realizzando un consenso positivo e questo non può che far bene all’attività economica». La previsione è che «dopo otto trimestri col segno meno il Pil nel quarto trimestre dovrebbe avere prospettive di crescita».

Prima di lui, in mattinata, tocca a Enrico Giovannini prospettare le conseguenze di un’eventuale crisi. «Sono in ministro tecnico non politico», premette il responsabile del Lavoro in conferenza stampa a Cernobbio, ma «se il governo cadesse lo farebbero anche venti provvedimenti di grande rilievo in discussione in parlamento». Tra questi, tanto per creare un po’ di panico, «c’è anche la riforma fiscale».
La crisi di governo, ragiona il ministro, «porterebbe una instabilità finanziaria che vorrebbe dire meno disponibilità per la riduzione del cuneo e meno disponibilità per gli investimenti produttivi». Quanto al cuneo, comunque, non aspettiamoci interventi clamorosi.

Giovannini assicura che le prime mosse arriveranno già nella legge di stabilità. Poi, però, precisa che ad ottobre «ci sarà una proposta» elaborata sulla base di una serie di simulazioni che il ministero sta effettuando. E anche se l’iter dovesse essere veloce, il taglio sarà effettuato col contagocce. Del resto, come spiega Saccomanni, «non possiamo permetterci di arrivare alla presidenza di turno dell’Ue essendo di nuovo tornati sotto la procedura di disavanzo eccessivo» con un deficit sopra il 3%. «Non ho nessuna intenzione di consentirlo», promette il ministro.
Di qui l’avvertimento di Giovannini. «Non possiamo fare tutto nel 2014 con le risorse disponibili», annuncia l’ex numero uno dell’Istat, «il cuneo va ridotto in un’ottica pluriennale. Dobbiamo dare certezze alle imprese che da qui ai prossimi anni ci sarà un percorso».
E sul tema fiscale va dritto al sodo Pier Paolo Baretta, che è invece intervenuto dalla festa del Pd a Padova. «Le agevolazioni fiscali sono 700 e c’è una gamma di equilibri attraverso cui possiamo intervenire. Ma questa operazione ha bisogno di una governabilità», dice il sottosegretario all’Economia, aggiungendo che «se il governo dura potremo pensare a qualcosa, se cade pagheremo di sicuro anche l’Imu».

Di crisi, comunque, Letta non vuole neanche sentire parlare. «Mi sono trovato a servire il Paese, un compito di cui sono onorato. E l’unica cosa che posso fare è pensare a lavorare e fare bene il mio dovere. La concentrazione su questo compito è totale. A tutto il resto adesso non penso», dice il presidente del Consiglio parlando ai giovani di Ambrosetti in un incontro riservato.
«Dobbiamo educarci tutti come Paese, a vincere la tentazione della scorciatoia, la prospettiva sempre e solo italocentrica non ci mette in relazione con l’altro. Noi siamo bravissimi quando siamo obbligati a essere bravi, quando ci relazioniamo con il mondo», conclude il premier.

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