Un buco potenziale da 6 miliardi per i conti pubblici. Un sottosegretario all’Economia che rimette le deleghe. Il Pd che esulta per lo sgambetto al suo esecutivo. Confindustria che si dice sconcertata. È questo, in sintesi, il bilancio del pasticcio andato in scena ieri al Senato con lo scivolone del governo su una mozione presentata dalla Lega che prevede lo stop per un anno all’apertura di nuove sale per i giochi d’azzardo elettronici, on line e nei luoghi pubblici.
Il provvedimento, malgrado il parere contrario del sottosegretario Alberto Giorgetti, passa con i voti di tutta l’opposizione e di larghe fette della maggioranza. Sia del Pdl, suscitando l’ira del collega di partito Giorgetti, che rimette subito le deleghe nelle mani di Fabrizio Saccomanni, sia del Pd, che addirittura rivendica con orgoglio il suo contributo per il contrasto ai giochi d’azzardo.
Peccato che dai quei giochi il governo incassi ogni anno diversi miliardi di tasse. «Il termine dei 12 mesi», ha denunciato Giorgetti, «è così perentorio da risultare inapplicabile, se non creando un conflitto con i diritti dei concessionari che hanno vinto le gare e perdendo 6 miliardi di gettito». La versione del ministero dell’Economia arriva a stretto giro. La mozione, spiegano da via XX Settembre confermando la fiducia al sottosegretario dimissionario, è «inapplicabile», perché significherebbe aprire «un contenzioso con 200 operatori italiani ed esteri che hanno ottenuto la concessione» e «riaprire un contenzioso comunitario, dopo due procedure di infrazione chiuse nel 2010 a seguito della regolamentazione del mercato».
Per tentare di mettere una toppa il Senato, con il governo che questa volta si è rimesso all’aula, ha poi approvato anche un ordine del giorno per smussare la mozione. Nel testo si sottolinea che la moratoria riguarda solo le nuove autorizzazioni e deve essere prevista dal governo in attesa della riorganizzazione dell’intero sistema. Troppo poco per placare Confindustria. «Apprendiamo con sconcerto», si legge in una nota di Sistema Gioco Italia, «l’approvazione di un provvedimento che avrebbe effetti drammatici sia sul piano sociale che su quello erariale».
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