Tre mesi da incubo attendono contribuenti e imprese. Da ottobre a dicembre li aspetta un diluvio di adempimenti fiscali, in totale 187 pratiche, al ritmo di 2 al giorno, per un valore di 100 miliardi di euro. Dall’Imu, all’Irpef, dall’Ires all’Iva fino alla Tobin Tax. È la Confesercenti a fare il conto, sottolineando che la mole di scartoffie in questi anni è cresciuta in maniera abnorme, con altri 17 adempimenti dal 2011. «Le aziende muoiono di troppa burocrazia e troppe tasse oltre che di crisi», è l’allarme lanciato dal presidente Marco Venturi, aprendo l’annuale appuntamento del Meeting Confesercenti alla ripresa autunnale.
E oltre agli obblighi fiscali le Pmi devono fare i conti con un peso delle tasse stellare. «Addirittura al 68,3%», spiega Venturi, «una pressione fiscale che fa dello Stato il socio di maggioranza delle imprese. È arrivato il momento di dire basta, non ci stiamo più negli ultimi 18 mesi 101.000 imprese commerciali hanno chiuso». E la ripresa è timida, ancora lontana. Ma dal suo inizio la crisi ha bruciato mezzo milione di piccole imprese, che si somma agli 1,5 milioni di dipendenti che non hanno più lavoro.
Nel 2014 ci sarà il picco disoccupazione, ogni famiglia avrà 4mila euro in meno da spendere e questo produrrà un ulteriore calo dei consumi per complessivi 60 miliardi. Uno scenario da incubo rispetto al quale la Confesercenti tira le orecchie alla politica. «Basta galleggiare, non sono più sufficienti i compitini», avverte Venturi, «la crisi fa paura e la politica deve smettere di guardare se stessa, guardi invece ai problemi reali di famiglie e imprese». Problemi di cui non si occupa neanche il patto tra Confindustria e sindacati. «È miope», accusa, «e sul piano politico un errore che indebolisce tutti. Un patto su temi cruciali quali politiche fiscali, industriali, revisione degli assetti istituzionali, spesa pubblica, come se fossero roba loro, come se 4,2 milioni di Pmi e di piccoli imprenditori, 1 milione di addetti e 9 milioni di dipendenti non contassero nulla».
Le Pmi di Rete Imprese Italia chiedono un incontro urgente al governo sulle priorità, a partire dalla riforma fiscale. E naturalmente dall’Iva. «L’aumento dell'Iva va cancellato, è una stupidità, una beffa per gli italiani», tuona Venturi tra gli applausi della platea di piccoli imprenditori. Confesercenti calcola che l’aumento dal 21 al 22%, previsto dal primo ottobre, peserà per quasi 100 euro sulle tasche delle famiglie, da 3.407 a 3.505 euro annui. «Non porterà allo Stato i 4 miliardi attesi anzi», dice, «farà perdere 300 milioni deprimendo ulteriormente i consumi e si bruceranno altri posti di lavoro».
A puntare l’indice contro il fisco ieri si sono uniti anche gli artigiani di Mestre. Dal 2010 ad oggi, denuncia la Cgia, le addizionali regionali e comunali Irpef hanno subito un vera e propria impennata. L’associazione ha analizzato gli effetti degli aumenti sulle retribuzioni degli operai e degli impiegati residenti nei 40 comuni capoluogo di Provincia che hanno già deciso per l’anno in corso l’aliquota dell'addizionale Irpef comunale. La forbice della stangata oscilla dagli 89 euro in più che dovrà sborsare un operaio ai 284 che dovrà invece versare in più un quadro rispetto al 2010.
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