Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, se la prende con l’instabilità politica, che potrebbe azzoppare la ripresa. Dove sia la ripresa, però, è ancora difficile dirlo, con l’Istat che ha certificato ieri l’ottavo trimestre consecutivo di recessione. Anzi, la sensazione è che le cose stiano andando peggio del previsto. E che dietro i continui annunci sulla fine del tunnel arrivati in questi giorni da diversi esponenti del governo, a partire dal premier Enrico Letta, ci sia una precisa strategia legata anche al destino di Silvio Berlusconi.
L’accelerazione sulla decadenza del Cavaliere permetterebbe infatti all’esecutivo di far saltare il tavolo prima di un appuntamento che potrebbe rivelarsi spiacevole per gli italiani. Entro il 20 settembre il governo dovrà consegnare alle Camere la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza presentato lo scorso aprile, che è l’unico testo ufficiale su cui poggia fino ad ora l’architettura dei conti pubblici per l’anno in corso e per quelli successivi. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, aveva annunciato a maggio una nota aggiuntiva al Def, che però non è mai arrivata. Il 20 sarà dunque il momento della verità. Quello in cui il governo dovrà gettare la maschera e dire chiaramente se i conti elaborati dal governo Monti, che prevedeva un deficit/pil nel 2013 a -2,9 sulla base di un pil a -1,3%, tornano ancora o sarà necessario un ulteriore aggiustamento correttivo per l’anno in corso o per il successivo.
I dati che continuano ad affluire sullo stato dell’economia italiana, purtroppo, pur non escludendo una prospettiva di ripresina nei primi mesi del 2014, rendono legittimo contemplare anche quest’ultima ipotesi. Nell’attesa dei dati che diffonderà oggi il centro studi di Confindustria, ieri l’Istat ha snocciolato quelli ufficiali sul secondo trimestre dell’anno. A completare una sequenza devastante di sette cali consecutivi, la rilevazione ha registrato una flessione dello 0,3% (in ribasso dello 0,1% rispetto alla stima preliminare) sul primo trimestre e del 2,1% (sempre in calo dello 0,1%) sul 2012. A questo punto il pil acquisito per il 2013, quello che si otterrebbe se di qui alla fine dell’anno la crescita tornasse miracolosamente pari a zero, è a -1,8%. Il che significa uno 0,5% di differenza (circa 8 miliardi) rispetto alla previsione del -1,3% su cui il governo basa il rispetto degli impegni di finanza pubblica.
Qualche spiraglio di luce c’è. I tecnici dell’Istat, pur di fronte ad una dato abbastanza drammatico, sottolineano che «dopo diversi trimestri la caduta dell’industria si è attenuata». Un quadro confermato da Bankitalia, che sembra, però, più preoccupata di scaricare sulla testa di chi potrebbe far saltare il governo la responsabilità di un mancato aggancio della ripresina. «I recenti indicatori», ha spiegato il governatore Visco durante un convegno al ministero degli Esteri, «sono coerenti con un graduale miglioramento». I rischi al ribasso di questo scenario, ha però aggiunto, ammettendo che la crisi è tutt’altro che finita, «sono accresciuti dalle preoccupazioni degli investitori per la possibile instabilità politica».
La realtà è che gli altri Paesi, stabilità o no, sono già ripartiti. Nel secondo trimestre il pil è cresciuto dello 0,7% in Germania e nel Regno Unito, dello 0,6% negli Usa e in Giappone e dello 0,5% in Francia. Con il pil dell’area euro aumentato dello 0,3%.
Secondo il Codacons, «la famosa previsione di una crescita per l’ultimo trimestre dell’anno era un miraggio». Mentre Confcommercio denuncia la «gravità della crisi che attanaglia il Paese», sottolineando l’andamento catastrofico della domanda interna, con la variazione reale dei consumi del -0,4% sul trimestre precedente e del -3,3% sull’anno. A peggiorare un altro po’ i conti pubblici, paradossalmente, ci saranno anche le nuove tasse. Secondo Confesercenti, che prevede un pil a -1,7% nel 2013, l’Iva al 22% che dovrebbe scattare dal prossimo ottobre si trasformerà in un clamoroso autogol. Le previsioni di gettito governative (4 miliardi l’anno) si basano su una rigidità dei consumi del tutto inimmaginabile con una crisi come quella attuale. Dall’intera partita, si legge in uno studio Confesercenti-Ref, non arriveranno nuove entrate, ma un bel buco di 300 milioni.
L’effetto panico da crisi di governo ieri, comunque, non c’è stato. I titoli spagnoli, dopo un anno e mezzo, sono tornati più affidabili di quelli italiani, ma lo spread Btp-Bund si è comunque fermato a 250 punti base, sei in meno rispetto a lunedì. Quanto alla Borsa, Milano (+0,5%) è riuscita in qualche modo ad agganciare la volata europea dovuta alla possibile soluzione politica per la Siria.
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