sabato 7 settembre 2013

Il ricatto dei banchieri: Letta o trattamento-Grecia

Gli imprenditori non hanno dubbi. Tra l’avvio di una crisi internazionale dagli esiti imprevedibili con il lancio dei missili su Damasco e la caduta del nostro governo l’evento sicuramente più spaventoso e catastrofico è quest’ultimo. Dopo il terreno insidioso del G20, dove le autocelebrazioni del premier si sono dovute confrontare con la diffidenza dei «grandi» che vogliono ancora tenere sott’occhio il nostro Paese, domani Enrico Letta dovrebbe trovare a Cernobbio una platea tutta schierata al suo fianco.

 Mentre tutto il mondo è con il fiato sospeso per l’imminente azione militare americana contro la Siria, al tradizionale Workshop Ambrosetti sul lago di Como non si parla altro che della tenuta della maggioranza, come se i destini del pianeta fossero appesi alle larghe intese.
«Il governo potrebbe cadere nelle prossime settimane e spero che non cada perché farebbe peggiorare la percezione dell’Italia sui mercati», ha ribadito l’economista Nouriel Roubini, che già nei giorni scorsi aveva lanciato profezie nefaste sull’eventualità che Silvio Berlusconi decidesse di staccare la spina all’esecutivo.

A puntellare l’esecutivo ci sono tutti i big della finanza e dell’imprenditoria italiana. Per l’ad di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani, «siamo in una situazione di impasse e sarebbe meglio se tutte le forze politiche si impegnassero per fare le riforme e far progredire l’economia ad un passo necessario altrimenti saremo costretti al declino». E se la politica non ce la farà, ben venga il commissariamento internazionale. Il manager ritiene «improbabile» che la troika Bce-Ue-Fmi sia chiamata in Italia, «ma di per sè non è una cosa negativa perché dove c’è stata la troika i Paesi hanno migliorato le loro condizioni, hanno fatto riforme strutturali e dato segnali di cambiamento più forti di quelli che si vedono in Italia».

Anche il numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, guarda con preoccupazione alla possibilità di una crisi di governo. «La condizione per la ripresa», ha detto, «è la stabilità politica e con una crisi di governo la ripresa sarebbe a rischio». Stesso discorso per il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabé, secondo cui la caduta del governo «non farebbe bene al paese».
Ma il sentimento è ampio e condiviso. Secondo quanto emerso da un sondaggio svolto tra i partecipanti alla prima giornata del workshop, il 33,7% ha detto di essere «preoccupato» per la caduta del governo. Solo il 28,3% è in allarme per il fattore Siria, mentre il 18,5% ritene che il principale rischio attualmente sia il declino dei mercati emergenti. Il vecchio timore del crollo del sistema bancario e finanziario tiene ancora banco tra il 17,4% degli intervistati, mentre si assottiglia la fascia di chi ha ancora paura di una implosione dell’eurozona.  
Malgrado i timori, comunque, il popolo di Cernobbio è ottimista. Per l’81,3% il premier Letta e la sua squadra di governo resisteranno all’eventuale onda d’urto che potrebbe arrivare da un voto favorevole al Senato sulla decadenza di Berlusconi. E se l’esecutivo resterà in carica, la speranza è che ci sia una marcia indietro sull’Imu. Almeno per il prossimo anno. Il 62,7% degli intervistati ha infatti bocciato la scelta del governo di sottrarre 4 miliardi dalle casse dello Stato per cancellare la tassa sulla prima casa.

Quanto alla ripresina, imprenditori e banchieri sono divisi. Per il 58,1% la fine del tunnel si vedrà a fine anno, seppur in maniera cauta, mentre per il 34,8%, di cui la gran parte composta da operatori del settore finanziario, bisognerà attendere ancora del tempo per poter dire che la crisi è finita. E per un 42,2% degli intervistati che vede nel 2013 il fatturato della sua azienda in calo del 10% o anche più, risponde un 31,6% per il quale ci sarà un incremento di almeno il 10 per cento.
Dal popolo di Cernobbio, che i grillini, malgrado l’insolita presenza del guru Gianroberto Casaleggio, che interverrà domani mattina, definiscono la quinta essenza dei poteri forti, è arrivato infine anche un via libera a Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze era già finito nel mirino di una parte del Pd durante le primarie per la sua amicizia con Davide Serra, finanziere che fa affari in tutto il mondo, compresi i paradisi fiscali. Ora dalla sua parte c’è una buona fetta del gotha imprenditoriale e finanziario italiano. Addirittura l’88,3% degli intervistati ha risposto che Renzi ha tutte le carte in regola per diventare il numero uno del Pd.

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