sabato 8 settembre 2012

Monti si crede Draghi: ho salvato io l'Italia

«Ho evitato il tracollo dell’Italia e dell’Europa». La coda di pavone è spiegata a festa. A poche ore dalla prova muscolare di Mario Draghi, che giovedì ha sfoderato l’artiglieria pesante ammettendo che lo scorso anno le armi della Bce erano scariche, Mario Monti si è subito calato nei panni del salvatore. I timori e le paure di qualche giorno fa sono solo un ricordo. Il peggio, adesso, è passato.

Il Monti che si è presentato ieri davanti alla platea della Fiera del Levante di Bari, con le spalle coperte dal bazooka della Banca centrale europea, è di nuovo il professore che ci spiega come la medicina amara fatta ingoiare agli italiani fosse necessaria non solo per far guarire il nostro Paese, ma per scongiurare la distruzione del mondo intero. «Molte delle cose fatte», ha esordito, «credo abbiano sofferto di angustia se prese tutte insieme, ma hanno permesso di evitare che l’Italia avesse un tracollo forse per lungo tempo irreversibile, e con essa l’Europa».
Alcune «espressioni di critica che vengono rivolte all’azione del governo in parte le condivido io stesso», ha proseguito il premier, «o meglio, le condividerei se dimenticassi per un momento quale era la sfida che ci siamo trovati ad affrontare».

Il premier ha poi ammesso che la sfida, «in parte», è ancora da vincere. Ma dopo la mossa di Draghi i verbi sulla situazione italiana sono tutti al passato.
«Preferisco», ha sottolineato il presidente del Consiglio, «che l’Italia abbia conseguito l’obiettivo di schivare il precipizio ed essere una forza viva e creduta, non so se credibile, dell’Europa anche a prezzo di grandi, severi sacrifici per i cittadini e le imprese». E l’eccesso di euforia e di sicurezza arriva fino al punto di far dire al professore che «in questi giorni si cominciano a vedere i primi frutti dell’azione di governo».
Insomma, evitato il tracollo e schivato il precipizio sembra che ora per l’Italia la strada sia tutta in discesa. Anche la crescita, malgrado il pil quest’anno andrà a picco del 2,5%, è «a portata di mano». È vero, ha ammesso il premier, «che la ripresa non si vede nei numeri, salvo qualche barlume, ma invito a constatare che la ripresa, se riflettiamo, è veramente dentro di noi ed è alla portata del nostro Paese». Anzi, ha azzardato Monti precisando che l’affermazione non va presa come i bollettini degli istituti di statistica, «l’Italia è già ripartita».

In questo clima festoso e ottimista il premier ha ribadito che «la crescita è l’obiettivo centrale del governo». Adesso, ha annunciato, «l’impegno comune del governo, delle imprese, delle parti sociali è creare le condizioni per un nuovo sviluppo economico che si poggia su basi più solide, rompendo la gabbia di austerità che ha avvolto la nostra economia». Per rilanciare la crescita, ha poi proseguito, «è necessario un cambio di mentalità». Per il Sud, ad esempio, lo sviluppo si realizza «con interventi radicali sulle infrastrutture che non sono stati fatti per decenni e non con i soldi pubblici pompati in un tubo, come è avvenuto a lungo per colpa di un nefasto assistenzialismo».

Quanto al fisco, invece di annunciare, visto che i venti sono tornati a gonfiare le vele del Paese, una qualche forma di riduzione delle tasse, magari attraverso quel famoso tesoretto proveniente dalla lotta al sommerso, il premier ha voluto ribadire che il governo ha «intrapreso una guerra di civiltà contro l’evasione fiscale e altre cose che sarebbe riduttivo considerare fenomeni economici e finanziari perché minano la fiducia verso il vicino, verso il lontano e verso lo Stato». Se poi il carico fiscale italiano, definito ieri mattina «eccessivo e gravoso» dallo stesso Monti in un’intervista, sia degno di un Paese civile è domanda circolata tra gli imprenditori in platea, ma rimasta senza risposta.

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