mercoledì 26 settembre 2012

Ecco il magna magna. Regione per Regione

Quasi 100 milioni, 96 per la precisione. È questa la cifra che nel 2011 i contribuenti italiani hanno speso per consentire l'attività politica dei gruppi consiliari delle Regioni. Somma che si va ad aggiungere alle altre centinaia di milioni che le amministrazioni autonome sborsano ogni anno per pagare le indennità, i vitalizi, gli acquisti di beni e servizi e via dicendo. Il malloppo, secondo uno studio della Uil realizzato sulla base dei bilanci preventivi delle Regioni, ammonta complessivamente, senza contare i vitalizi, a qualcosa come 1,15 miliardi di euro, che diviso per ogni contribuente fa 38 euro a testa.

Come sono stati utilizzati i quattrini destinati ai partiti nel Lazio lo abbiamo appreso in questi giorni: cene, festini, aperitivi, regalie e, in molti casi, semplice arricchimento personale. Ma i 14 milioni che, stando alle delibere, perché la voce è ben nascosta in altri macrocapitoli di bilancio, sono stati stanziati nel corso dell'anno sotto la giunta Polverini non si discostano molto dalle risorse destinate dalle altre Regioni allo stesso scopo. E anche ammettendo, cosa assai difficile da presumere, che in tutte le altre Regioni italiane nessun gruppo abbia dirottato un euro verso utilizzi non istituzionali, le erogazioni appaiono un tantino generose.
In testa alla classifica, secondo i calcoli effettuati dal Sole 24 Ore c'è la solita e costosa Regione Sicilia, che ai gruppi consegna ben 13,7 milioni di euro l'anno. Subito dopo c'è la Lombardia di Roberto Formigoni, anche lui travolto dalle polemiche e dai sospetti, che eroga ben 12,2 milioni di euro ai partiti che siedono in consiglio. Poco sotto c' è il Veneto, che è a quota 9,1 milioni. Anche l'austero Piemonte, con 7,3 milioni non scherza. Poi, andando in ordine sparso sullo stivale, c'è l'Emilia (6 milioni), la Liguria (5,7), la Sardegna (5,1), la Calabria (4,6), la Campania (4,5 milioni). E via proseguendo, fino alla Basilicata e alle Marche, che hanno speso rispettivamente 575 e 531mila euro. 

La classifica cambia, e di molto, se si prendono in considerazione le dimensioni delle Regioni. Le piccole, in questo caso, sembrano più ingorde delle grandi. Il Molise, ad esempio, spende per i partiti (17 gruppi di cui 10 con un solo componente, 30 consiglieri in tutto) 2 milioni. Una somma che, se rapportata al numero di abitanti, risulta essere di 6,25 euro pro capite rispetto agli 1,24 della Lombardia, ai 2,4 del Lazio o ai 2,7 della Sicilia. Impressionante anche il rapporto spese per abitante di Trento (4,6 euro), Valle d'Aosta (4,5 euro) e Liguria (3,5).
Per avere un'idea di come i soldi sono stati spesi, anche tralasciando le ipotesi estreme venute a galla nel Lazio, vale la pena ricordare che i partiti generosamente foraggiati dai contribuenti sono gli stessi che, negli ultimi anni, con lo zampino dei governi che ha dato loro gli strumenti, ci hanno tartassato di imposte a colpi di addizionali Irpef. Una fonte di reddito per le amministrazioni regionali che si aggira complessivamente sui 10 miliardi di gettito. 

Solo nell'ultimo anno, grazie all'aumento dello 0,33% varato da Mario Monti, le stime parlano di una stangata media aggiuntiva tra i 51 euro su uno stipendio di 1.200 euro al mese e i 137 euro per una busta paga di 3.200 euro. In termini di gettito si tratta di 2,1 miliardi in più. Il bello è che l'aumento dell'aliquota nella maggior parte dei casi non si va ad innestare sull'aliquota base dello 0,9%, ma su percentuali ben più alte. La legge attuale, infatti, permette alle Regioni di arrivare fino all'1,73% e a quelle particolarmente indisciplinate, in deficit con i bilanci della sanità di superare anche questa cifra di un ulteriore 0,3%. Il risultato è che sia nel 2011 che nel 2012 in Campania e Calabria (che regalano ai partiti rispettivamente 4,5 e 4,6 milioni di euro) è stata applicata un'aliquota del 2,03%. Mentre in Sicilia e nel Lazio, campioni della spesa per i gruppi, l'addizionale Irpef è quella massima dell'1,73%. E per il prossimo anno il conto sarà ancora più salato. L'anticipo al 2013 dell'aumento già fissato per il 2014 dalle norme sul federalismo regionale consentirà alle otto regioni in deficit sanitario (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia) di alzare di un altro 0,6% l'aliquota dell'addizionale regionale. Il gettito medio procapite, in base ad una proiezione della Uil, passerà così dagli attuali 442 euro del Lazio a 610 euro, mentre in Sicilia si balzerà da 291 a 486 euro.
Il risultato, secondo una stima di Confesercenti, sarà un salasso di 1,9 miliardi a carico dei contribuenti delle otto regioni interessate. Con una differenza, rispetto a quanto pagano cittadini trentini, friulani, veneti, valdostani e toscani del 114% in più.

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