Quasi 100 milioni, 96 per la precisione. È questa la 
cifra che nel 2011 i contribuenti italiani hanno speso per consentire 
l'attività politica dei gruppi consiliari delle Regioni. Somma che si va
 ad aggiungere alle altre centinaia di milioni che le amministrazioni 
autonome sborsano ogni anno per pagare le indennità, i vitalizi, gli 
acquisti di beni e servizi e via dicendo. Il malloppo, secondo uno 
studio della Uil realizzato sulla base dei bilanci preventivi delle 
Regioni, ammonta complessivamente, senza contare i vitalizi, a qualcosa 
come 1,15 miliardi di euro, che diviso per ogni contribuente fa 38 euro a
 testa.
In testa alla classifica, secondo i calcoli
 effettuati dal Sole 24 Ore c'è la solita e costosa Regione Sicilia, che
 ai gruppi consegna ben 13,7 milioni di euro l'anno. Subito dopo c'è la 
Lombardia di Roberto Formigoni, anche lui travolto dalle polemiche e dai
 sospetti, che eroga ben 12,2 milioni di euro ai partiti che siedono in 
consiglio. Poco sotto c' è il Veneto, che è a quota 9,1 milioni. Anche 
l'austero Piemonte, con 7,3 milioni non scherza. Poi, andando in ordine 
sparso sullo stivale, c'è l'Emilia (6 milioni), la Liguria (5,7), la 
Sardegna (5,1), la Calabria (4,6), la Campania (4,5 milioni). E via 
proseguendo, fino alla Basilicata e alle Marche, che hanno speso 
rispettivamente 575 e 531mila euro. 
La classifica cambia, e di molto, se
 si prendono in considerazione le dimensioni delle Regioni. Le piccole, 
in questo caso, sembrano più ingorde delle grandi. Il Molise, ad 
esempio, spende per i partiti (17 gruppi di cui 10 con un solo 
componente, 30 consiglieri in tutto) 2 milioni. Una somma che, se 
rapportata al numero di abitanti, risulta essere di 6,25 euro pro capite
 rispetto agli 1,24 della Lombardia, ai 2,4 del Lazio o ai 2,7 della 
Sicilia. Impressionante anche il rapporto spese per abitante di Trento 
(4,6 euro), Valle d'Aosta (4,5 euro) e Liguria (3,5).
Per
 avere un'idea di come i soldi sono stati spesi, anche tralasciando le 
ipotesi estreme venute a galla nel Lazio, vale la pena ricordare che i 
partiti generosamente foraggiati dai contribuenti sono gli stessi che, 
negli ultimi anni, con lo zampino dei governi che ha dato loro gli 
strumenti, ci hanno tartassato di imposte a colpi di addizionali Irpef. 
Una fonte di reddito per le amministrazioni regionali che si aggira 
complessivamente sui 10 miliardi di gettito. 
Solo 
nell'ultimo anno, grazie all'aumento dello 0,33% varato da Mario Monti, 
le stime parlano di una stangata media aggiuntiva tra i 51 euro su uno 
stipendio di 1.200 euro al mese e i 137 euro per una busta paga di 3.200
 euro. In termini di gettito si tratta di 2,1 miliardi in più. Il bello è
 che l'aumento dell'aliquota nella maggior parte dei casi non si va ad 
innestare sull'aliquota base dello 0,9%, ma su percentuali ben più alte.
 La legge attuale, infatti, permette alle Regioni di arrivare fino 
all'1,73% e a quelle particolarmente indisciplinate, in deficit con i 
bilanci della sanità di superare anche questa cifra di un ulteriore 
0,3%. Il risultato è che sia nel 2011 che nel 2012 in Campania e 
Calabria (che regalano ai partiti rispettivamente 4,5 e 4,6 milioni di 
euro) è stata applicata un'aliquota del 2,03%. Mentre in Sicilia e nel 
Lazio, campioni della spesa per i gruppi, l'addizionale Irpef è quella 
massima dell'1,73%. E per il prossimo anno il conto sarà ancora più 
salato. L'anticipo al 2013 dell'aumento già fissato per il 2014 dalle 
norme sul federalismo regionale consentirà alle otto regioni in deficit 
sanitario (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte
 e Puglia) di alzare di un altro 0,6% l'aliquota dell'addizionale 
regionale. Il gettito medio procapite, in base ad una proiezione della 
Uil, passerà così dagli attuali 442 euro del Lazio a 610 euro, mentre in
 Sicilia si balzerà da 291 a 486 euro.
Il risultato, 
secondo una stima di Confesercenti, sarà un salasso di 1,9 miliardi a 
carico dei contribuenti delle otto regioni interessate. Con una 
differenza, rispetto a quanto pagano cittadini trentini, friulani, 
veneti, valdostani e toscani del 114% in più. 
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