Qualcuno lo definisce un inizio. Ma sostanzialmente è una bufala bella e buona. Quando la scorsa primavera la norma fu inserita nel cosiddetto decreto cresci Italia fu presentata come una rivoluzione. Il nuovo articolo 2463-bis del codice civile ha introdotto per i giovani sotto i 35 anni la possibilità di costituire una società a responsabilità limitata semplificata. Dove il “semplificata” sta per niente costi. Per creare una nuova impresa basta un euro (invece di 10mila) di capitale sociale. Per il resto, non si dovranno più pagare né le spese notarili, né quelle di bollo, né quelle di segreteria. L’unica tassa di cui il giovane imprenditore dovrà farsi carica, così almeno ce l’avevano raccontata, è l’imposta di registro di 168 euro.
Bello. Al punto che il governo ha successivamente esteso la possibilità, anche se limitata al capitale sociale da un euro e non alle altre agevolazioni, anche a chi ha più di 35 anni.
Passando dalla teoria ai fatti, però, si è scoperto che la norma non è poi così rivoluzionaria. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento modello standard dell’atto costitutivo e dello statuto, dal 29 agosto scorso i giovani intenzionati ad aprire un’impresa si sono recati dal notaio per usufruire della nuova opportunità. Fin lì tutto bene. Il professionista realizza l’atto senza pretendere un quattrino. Subito dopo, però, arrivano i dolori. La Fondazione studi consulenti del Lavoro ha verificato che una Srl semplificata, malgrado gli sconti introdotti dal governo Monti, costa ancora assai.
Il decreto liberalizzazioni non è infatti intervenuto su altre spese vive non trascurabili. Prendendo ad esempio una società specializzata in attività impiantistica con due soci bisogna pagare 30 euro per la denuncia di inizio attività alla Camera di commercio, 996 euro vanno versati all’Inail e ben 6.370 all’Inps. Ci sono poi 168 euro di imposta di registro, 100 euro per la vidimazione dei libri sociali, 200 euro per il diritto annuale richiesto dalla Camera di commercio, 24,9 euro per i bolli annui del libro giornale e del libro inventari, ed infine 127,7 euro di costo deposito di bilancio. Il tutto, secondo lo studio pubblicato sull’inserto economico Affari&Finanza di Repubblica, fa la modica cifra di 7996 euro. Una cifra che sembra ancora in grado di scoraggiare i giovani imprenditori. Oltre ai costi della contribuzione Inps obbligatoria, lo scoglio più alto da superare, chi si è cimentato con la nuova avventura ha dovuto presto constatare che versare solo un euro di capitale sociale è comodo e conveniente. Ma alla banca poi chi glielo spiega che i suoi soldi sono al sicuro? Risultato: niente investimenti, niente fornitori e, inevitabilmente, niente impresa.
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