Pmi, fisco, partite Iva, produttività, crescita. Il percorso può essere fatto insieme, e i punti di contatto non mancano, ma se la Lega pensa di incamminarsi da sola alla conquista del Nord dovrà fare i conti con un Pdl che non è intenzionato a lasciare nelle mani del Carroccio il dialogo e il confronto con la parte più dinamica del Paese. A lanciare la sfida sul terreno caro agli ex alleati leghisti, ma anche, va detto alla Forza Italia della prima ora, è stata ieri Maria Stella Gelmini, che a Milano, con la fondazione Liberamente, ha chiamato a raccolta esponenti delle categorie, delle piccole imprese e dell’industria in un affollato (oltre 600 persone intervenute) convegno dall’inequivocabile titolo “Ripartiamo dal Nord”.
C’è lo spirito del ’94, spiega l’ex ministro dell’Istruzione, ma anche uno sguardo rivolto al futuro. E, soprattutto, tanto presente. «Siamo convinti», ha detto a Libero, che «se vogliamo lasciarci la crisi alle spalle dobbiamo dobbiamo mettere il Nord in condizioni di tornare ad essere la locomotiva del Paese».
E da dove si parte? Anche lei pensa che per ridare fiato al Nord si debbano ridisegnare i confini regionali per dare vita ad una grande macroarea che somiglia tanto alla Padania?
Penso sicuramente che in un’ottica di minori costi e maggiore efficienza si possa ragionare su accorpamenti o macroregioni, magari sul modello del Friuli Venezia Giulia, ma l’architetture istituzionale non può essere imposta dall’alto né rispondere ad una logica separatista.
Crede che su questo si possa riavviare un confronto con il Carroccio?
Con gli amici della Lega il dialogo non si è mai interrotto. Del resto, abbiamo governato insieme e realizzato moltissime riforme importanti.
A partire dal federalismo...
Certo. Per l’introduzione dei costi standard, che ridurranno sensibilmente gli sprechi delle Regioni e costituiranno un metro di valutazione anche sull’efficienza e l’onestà dei governatori, dobbiamo ringraziare la Lega.
Anche sui temi economici sembra esserci sintonia. Cosa ne pensa dei punti presentati ieri da Maroni?
Credo che su molte questioni ci sia piena condivisione. La proposta lanciata ieri dagli Stati generali della Lega da Squinzi di rinunciare agli incentivi in cambio di un taglio del cuneo fiscale per le imprese, ad esempio, potrebbe essere un ottimo punto di partenza. L’idea è stata rilanciata con forza dai piccoli e grandi imprenditori anche durante il convegno di Liberamente. Un altro punto riguarda sicuramente la contrattazione aziendale, che deve avere maggiore diffusione e conquistare più spazio rispetto ai contratti nazionali che stanno soffocando il mercato del lavoro. In generale, credo che con la Lega si possa trovare un punto di contatto su tutto quello che riguarda la crescita, il recupero di produttività e, più in generale, misure che consentano alle imprese di competere ad armi pari con i concorrenti europei sul fronte dei costi, della burocrazia e della giustizia. Insomma, non vedo perché non si possa andare ancora avanti insieme, considerato poi che l’unione fa la forza.
A rovinare l’idillio c’è il sostegno al governo. Loro, dall’opposizione, vi accusano di aver appoggiato un esecutivo che ha danneggiato le imprese e il Paese a colpi di tasse e provvedimenti iniqui.
Permettere al governo di operare è stata una questione di rispetto verso Silvio Berlusconi, che ha scelto di fare un passo indietro, e di responsabilità verso il Paese. Ma sulle tasse la pensiamo allo stesso modo. Crediamo necessario e urgente abbassare il livello della pressione fiscale sia per le famiglie sia per le imprese. Non a caso Silvio Berlusconi ha lanciato l’idea di alleggerire l’Imu, almeno sulla prima casa. Ma per farlo, ad esempio, servono circa 6 miliardi. E le risorse bisogna trovarle senza appesantire il bilancio pubblico.
Non c’è il rischio di tornare al passato, con annunci che poi si perdono nel vuoto?
Credo che il Pdl debba fare autocritica, perché la rivoluzione liberale non è stata completata e su alcuni temi si è persa la spinta iniziale. E penso proprio all’apertura alla società civile e al mondo produttivo, al dialogo con le categorie, all’attenzione verso le imprese. Tutte questioni su cui bisogna tornare con forza ad impegnarsi. Da qui bisogna ripartire.
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