venerdì 28 settembre 2012

Glencore chiede maxi sconti per rilevare l'Alcoa

Meno di un terzo di quanto pagano le altre imprese. È questo il maxi-sconto sul costo dell’energia  che la multinazionale svizzera Glencore pretende per prendere il posto dell’Alcoa a Portovesme.
Il prezzo chiesto al governo e alla Regione Sardegna è di 25 euro a megawattora, una cifra inferiore di circa 10 euro a quella attualmente pagata dall’Alcoa e sideralmente inferiore agli 80 euro a Mwh che la maggior parte delle aziende italiane sborsa per alimentare i propri impianti e mandare avanti le proprie attività.

 Non solo. La multinazionale vuole la garanzia che il prezzo resti bloccato almeno per 10 anni e non è chiaro se nei 25 euro debbano essere compresi anche gli oneri di trasporto dell’energia, che farebbero lievitare i costi. La richiesta di Glencore ha destato molte preoccupazioni tra i sindacati, convinti che la mossa degli svizzeri possa pregiudicare la conclusione positiva della vertenza.
 In effetti, non è molto chiaro come il governo possa venire incontro alle richieste degli svizzeri. Il ministero dello Sviluppo ha già da diverse settimane fatto sapere di essere disponibile a trovare il modo per abbassare il prezzo dell’energia per i prossimi 15 anni, ma scendere sotto la soglia dei 35 euro, che lo stesso Corrado Passera ha definito in linea con la media comunitaria e quindi non modificabile, appare francamente molto difficile.

Anzi, è tutta da verificare anche la possibilità che si possa mantenere un prezzo di quell’entità, visto che i meccanismi messi finora in campo con la legge del 2010 per l’Alcoa (super interrompibilità e interconnector) hanno ricevuto il via libera della Ue solo fino alla fine di quest’anno. Per utilizzarli ancora sarebbe dunque necessaria una proroga di Bruxelles che il governo si può impegnare a chiedere, ma non ad ottenere. Togliere altri 10 euro dal prezzo aprirebbe anche una questione spinoso sotto il profilo politico. Tutto quello che l’Alcoa finora e un domani la Glencore pagano in meno, infatti, finisce in un modo o nell’altro per essere spalmato sulla bolletta di tutti gli italiani. Lo sconto non finisce direttamente negli oneri di sistema, come era prima del 2010, ma va comunque a pesare sui costi di dispacciamento, con un carico aggiuntivo che a livello nazionale è stato quantificato in circa 1,2 miliardi all’anno.

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