giovedì 13 settembre 2012

Tra Alcoa e Glencore spunta l'eolico. E 1,2 miliardi di incentivi in bolletta

Alluminio o eolico? Mentre la tensione sulla vertenza Alcoa sale alle stelle, con i lavoratori tornati sui silos a 70 metri di altezza e il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, che spara a zero contro il governo, c’è una domanda che circola con insistenza tra gli addetti ai lavori.

Cosa se ne fa la Glencore, multinazionale svizzera leader nel trading delle materie prime che ha appena chiuso una fusione da 80 miliardi di dollari con il colosso minerario Xstrata, dell’alluminio prodotto a Portovesme? E ancora: per quale motivo il gruppo ha avviato un confronto tecnico con la Regione, mentre all’Alcoa, secondo quanto risulta a Libero, non ha inviato neanche una mail per manifestare un qualche interesse all’acquisto dell’impianto? Le cose da sapere, a questo punto, sono che la Glencore è già presente nel Sulcis con la Portovesme srl, che produce zinco e piombo. Che le trattative con governo e Regione sono condotte dalla Portovesme e non dalla Glencore. E che, infine, la stessa, Portovesme srl qualche mese fa, anche lei colpita dalla sentenza della Ue con 12 milioni di aiuti sull’energia da restituire allo Stato, ha minacciato di chiudere gli impianti in mancanza di adeguato sostegno da parte del governo. Tra i nodi da sciogliere, oltre a quello delle tariffe agevolate per l’elettricità, ci sarebbe quello dell’espansione dell’impianto eolico, che permetterebbe all’azienda di aumentare il bottino dei certificati verdi per abbattere il costo dell’energia. In questo scenario si inseriscono le indiscrezioni che parlano di una parte dell’accordo per rilevare l’Alcoa che riguarderebbe il via libera ad altre 40 pale eoliche, oltre alle 25 giù autorizzate.

Comunque andrà a finire la vicenda, tutto fa prevedere per gli italiani l’ennesima stangata. Cappellaci ieri ha accusato il governo di pensare più al problema dei contributi pubblici che al destino dei lavoratori. Sta di fatto che la trovata del governo, se sarà autorizzata da Bruxelles, per garantire per altri 15 anni agli operatori dell’area energia a prezzi dimezzati rispetto a quelli di mercato (si parla di 30-35 euro rispetto ai circa 80 che le altre aziende pagano normalmente) costituirà l’ennesimo onere improprio a carico dei consumatori. Se è vero, infatti, che i contributi diretti alle imprese energivore non esistono più (la componente A4 della bolletta riguarda oggi solo le Fs), i meccanismi della super interrompibilità e dell’interconnector introdotti con la famosa salva-Alcoa del 2010 per scontare l’energia alle imprese delle isole italiane (e che ora il governo vorrebbe prorogare) finiscono comunque in bolletta. Non negli oneri di sistema, ma nei costi di dispacciamento, che rientrano nella voce più ampia dei servizi di vendita. Il conto è comunque salato. Chi si è preso la briga di fare due calcoli ha verificato che sommando interrompibilità e import virtuale (interconnector) si arriva alla bellezza di 1,2 miliardi di euro aggiuntivi all’anno.

© Libero