martedì 5 luglio 2011

Ora l’Italia richiama i maestrini della finanza

Un report scritto nella notte sulla base di indiscrezioni giornalistiche o, nella migliore delle ipotesi, su un testo uscito dal Consiglio dei ministri che sarà ancora oggetto di modifiche, (ieri il Tesoro ha lavorato tutto il giorno alle limature), fino alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Difficile non definire l’affondo di Standard & Poor’s un intervento a gamba tesa. Di dubbi e perplessità i signori del rating ne hanno sollevati parecchi negli ultimi anni e anche nelle ultime settimane, ma questa volta la sensazione è che l’abbiano fatta grossa. A poche ore da un massiccio intervento di correzione dei conti pubblici a cui sono appesi il rispetto degli impegni europei, la credibilità internazionale e, di conseguenza, l’andamento del mercato sui titoli di Stato, con la speculazione che non aspetta altro che avventarsi sulla preda, una delle tre grandi agenzie statunitensi fa piombare sull’Italia, a mercati aperti, un documento in cui, tra le altre cose, si legge: «Restano sostanziali rischi di riduzione del debito principalmente a causa della debole crescita».
Anche lasciando da parte la sostanziale indifferenza degli esperti di S&P di fronte ad un taglio della spesa di 47 miliardi, su cui si può discutere, come è stato possibile valutare l’impatto delle misure sull’economia del Paese? Si sono basati sulle schede del Sole24Ore?

Sul passo falso dell’agenzia internazionale è scattato immediatamente l’intervento della Consob (guidata, tra l’altro, dall’ex viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas), che ha deciso di vederci chiaro non solo sull’episodio di ieri, ma su tutte le ultime iniziative di sia di S&P sia di Moody’s, che nei giorni scorsi ha affossato tutto il settore del credito in Borsa lanciando un allarme a pioggia sul rating di ben 16 banche italiane. La convocazione delle due società è prevista per la prossima settimana. E della vicenda si interesserà anche l’Esma, la nuova super Consob europea, che potrebbe chieder conto alle agenzie di molte altre “marachelle” ai danni di diversi Paesi dell’Unione.
Nel giudizio lampo contro l’Italia S&P definisce la manovra correttiva «generalmente credibile, specie le misure tese a contenere i salari pubblici e la spesa pensionistica». Tuttavia, il governo «rischia di essere troppo ottimista sull’efficacia delle misure contro l'evasione fiscale». Fattori che, secondo l’agenzia, spingeranno il governo verso «ulteriori misure» in risposta al potenziale sforamento dei conti rispetto al previsto. Indicando una probabilità su tre di un taglio del rating nel giro di 24 mesi, S&P ha deciso di mantenere in negativo le prospettive sul merito di credito italiano. Gli eventi negativi sono principalmente una crescita inferiore alla media dell’1,3% prevista per periodo il 2011-2014 e la possibilità di uno «stallo politico». «Se uno di questi rischi si avvera», avverte S&P, il debito potrebbe «ristagnare all’attuale elevato livello e potremmo abbassare i rating sull’Italia».

Piazza Affari, fortunatamente, non ha tenuto in grande considerazione il report. L’Fts Mib ha chiuso in rialzo dell’1,63%, con le banche in forte crescita.
Giulio Tremonti, che ieri ha diffuso anche i dati sul fabbisogno (nei primi sei mesi in calo di 2,8 miliardi), si è detto soddisfatto. «Non possiamo», ha spiegato il ministro dell’Economia, «continuare a girare debito alle generazioni future. Meno debito vuol dire più stabilità, più sicurezza per tutti, centreremo l'obiettivo». I tagli sono però piaciuti poco a Regioni ed enti locali, che hanno aperto il fuoco delle proteste bipartisan (da Vasco Errani a Gianni Alemanno) contro il governo.
Anche in questo caso, comunque, accuse preventive. Il testo vero e proprio infatti non sarebbe ancora arrivato al Quirinale. In Gazzetta ufficiale potrebbe arrivare lunedì. Nel frattempo non si escludono piccole correzioni su alcuni capitoli. In particolare sui benzinai e sulla tassazione dei contratti finanziari.

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