martedì 19 luglio 2011

Tremonti perde un altro "consigliere". Lascia il ministro pure la compagna di Milanese, Manuela Bravi (che resta, però, al Poligrafico)

Alla fine, ha lasciato anche lei. Anche lei, come il suo compagno Marco Milanese, si è dimessa da consigliere di Giulio Tremonti. La donna dei gioielli e della bella vita, delle vacanze a New York al seguito dei cinepanettonari De Sica e Ferilli. Di Manuela Bravi si è parlato e scritto molto nelle ultime settimane. Alcune volte a sproposito, altre semplicemente pubblicando verbali di interrogatorio. Il suo, in particolare, in cui lo scorso aprile di fronte ai pm come persona informata sui fatti non si fa troppi problemi a fare nomi e cognomi, a parlare di cene in cui sarebbero stati commessi reati, a ricostruire una presunta rete di talpe e informatori, a trascinare nell’inchiesta sulla P4 persone di cui i magistrati dovranno accertare ruoli e responsabilità.

Quando sui giornali ci è finita lei, però, se l’è presa. «Ci trattano come la Banda della Magliana», ha tuonato in un’intervista al Corriere della Sera. E ancora: «Chi scrive bugie sarà querelato, sciacalli e venditori ambulanti pagheranno coi propri soldini...».
Per evitare che inizi da noi, occorre affrontare una questione preliminare. Le dimissioni presentate giovedi scorso (e rese note ieri) non riguardavano né l’incarico di portavoce di Tremonti, né quello di capo ufficio stampa, come tutti continuano erroneamente a sostenere, bensì di “consigliere per l’informazione politica”. Questo si leggeva nel sito del ministero dell’Economia.

La realtà è che la Bravi quelle due poltrone, che occupava dal 2008, le aveva già lasciate tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010, per fare posto a Guido Rivolta. Il giornalista, dopo qualche mese, è tornato alla Cdp (dov’è tutt’ora) e da allora le due caselle sono restate come lo sono ora sul sito del Tesoro: vuote. Può sembrare una questione di lana caprina, ma non lo è.
Il nome di Manuela Bravi, se in queste ore non è cambiato qualcosa, compare infatti anche nelle pagine web di un altro sito, quello del Poligrafico di Stato, dove risulta a capo della Direzione relazioni istituzionali, Immagine, Comunicazione, Arte ed Editoria. Il busillis sarebbe contenuto nel Dpr 194 del 2003 che regola gli Uffici di diretta collaborazione del ministro dell’Economia. È qui che si stabilisce l’incompatibilità del portavoce con altri incarichi, ma non quella dei consiglieri.

Alcuni ex colleghi maligni della Bravi si sono presi la briga di calcolare la differenza retributiva tra le due soluzioni, ma le cifre, ovviamente sono tutte da verificare: con la prima (portavoce e aspettativa per il Poligrafico) si parlava di 150-170mila euro lordi, con la seconda opzione (stipendi cumulati) si arriverebbe a sfiorare i 300mila euro. Del resto, si dice che la Bravi l’incarico al Poligrafico lo avesse già quando arrivò al Tesoro. E anche Milanese lo conosceva già, non si sa bene da quanti anni, visto anche il precedente matrimonio con figlia di lui. Un’amicizia probabilmente nata negli ambienti di Forza Italia.

Malgrado gli incarichi, la Bravi è sempre restata dietro le quinte. Anche troppo, a sentire i giornalisti più esigenti. Chi ci lavorava fianco al fianco al ministero la definiva invece onnipresente, abituata a tenere tutto sotto controllo. Tranne quando il ministro andava all’estero. Lì, complice una dimestichezza non profonda con le lingue, preferiva passare la mano. Quanto allo stile di vita, per ora si sa solo quello che è spuntato dai conti correnti di Milanese. E cioè che è una donna generosa. E che in cambio dei regali, delle cene e delle vacanze avrebbe versato al compagno, a titolo «di contributo simbolico delle spese da lui sostenute», la bellezza di 96mila euro. L’amore moderno.

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