Il passaggio in Senato è stato così veloce da lasciare di stucco persino Giorgio Napolitano. «È un miracolo», ha detto il capo dello Stato commentando il voto lampo che ha spedito la manovra correttiva alla Camera, dove oggi arriverà l’approvazione definitiva. Viene da chiedersi dov’erano gli speculatori negli ultimi cinquant’anni, visto il risultato straordinario che sono riusciti ad ottenere. Due giorni, 161 sì, 135 no, 3 astenuti e quella che una volta veniva chiamata la finanziaria ha completato il suo iter in un ramo del Parlamento. Forse non è mai accaduto nella storia della Repubblica. E forse non accadrà mai più.
L’entusiasmo per l’iter fulmineo del provvedimento lascia spazio a qualche perplessità sul piano dei contenuti. La manovra è stata sì rafforzata, come chiedevano Fmi, Bankitalia, Bruxelles e mercati, ma la sensazione è che nella foga l’equilibrio complessivo della manovra si sia spostato un po’ troppo sul lato delle entrate (arrivate a quota 60% sul totale degli interventi), come paventava il governatore Mario Draghi.
Proprio al neo presidente della Bce è dovuta la principale correzione arrivata in Senato. L’esigenza di dare maggiore concretezza ai 14,7 miliardi (sui 40 complessivi che devono essere recuperati nel biennio 2013-2014) affidati all’esercizio della delega fiscale ha spinto Giulio Tremonti ad inserire direttamente in manovra la cosiddetta clausola di salvaguardia, che altro non è che un colpo di accetta indiscriminato su tutte le 483 agevolazioni fiscali attualmente in vigore da cui arriveranno non più 14,7, ma 20 miliardi. Soldi che saranno ottenuti prevedendo che dal 2013, in mancanza della riforma fiscale, scatteranno tagli del 5% prima e del 10% poi (nel 2014) dei bonus a favore di famiglie e imprese.
Altri due miliardi e rotti di “rafforzamento” sono stati recuperati con altre misure (principalmente i balzelli sulla benzina: 1,7 miliardi) non meno pesanti per i contribuenti. Complessivamente, rispetto ad una correzione del deficit negli anni 2013-2014 che si prevedeva di 40 miliardi (compresa gli effetti della delega fiscale) si è arrivati, secondo le tabelle definitive “bollinate” dalla Ragioneria dello Stato, ad un impatto a regime di 47,9 miliardi di euro. Cifra che si ottiene sommando ai 25,3 miliardi già previsti dal decreto uscito dal Consiglio dei ministri i 22,6 miliardi spuntati fuori dagli emendamenti di Palazzo Madama. Totalmente fuorvianti, oltre che illegittimi sotto il profilo tecnico, sono i calcoli del valore cumulato negli anni, che ieri hanno fatto parlare di una manovra monstre arrivata addirittura a sfiorare gli 80 miliardi.
Quanto ai contenuti, le principali novità riguardano, tanto per cambiare, sacrifici e strette di cinghia.
Si parte con i ticket di 10 euro sulle ricette mediche e di 25 euro per gli interventi del pronto soccorso in codice bianco già da lunedì prossimo. Gli aumenti delle aliquote delle accise disposte il 28 giugno 2011 “temporaneamente” per fronteggiare l’emergenza immigrati conseguente alla guerra in Libia «restano confermate a decorrere dal primo gennaio 2012» e si avviano a diventare l’ennesima voce di una lunga lista che comprende, tanto per dirne una, il contributo per la guerra di Abissinia del 1935 che ancora paghiamo quando andiamo al distributore.
Sulle stock option, l’aliquota del 10% si applicherà a tutta la parte eccedente la parte fissa della retribuzione. Mentre per il conto titoli si è optato alla fine per una tassazione progressiva. L’imposta di bollo resterà di 34,2 euro per chi ha un portafoglio inferiore ai 50mila euro. Poi partono quattro scaglioni: tra i 50mila e i 150mila euro su cui a regime (dal 2013) graverà un bollo di 230 euro; tra 150mila e i 500mila si dovranno pagare 780 euro e per depositi superiori ai 500mila euro il superbollo arriverà a 1.100 euro.
Per quanto riguarda gli ammortamenti è stato tolto quello al 2% per le società diverse da quelle autostradali e trafori. Arriva invece un aumento dello 0,30% dell’Irap (dal 3,90 al 4,20) per i concessionari non autostradali, mentre per i concessionari autostradali e trafori scende dal 5 all’1% la deducibilità del fondo spese di ripristino.
Corposo il pacchetto pensioni. La quota che sarà indicizzata all’inflazione sale dal 45 al 70% per le pensioni tra i 1.400 e i 2.400 euro lordi. Sotto sarà al 100%, sopra sarà azzerata. Si anticipa poi al primo gennaio 2013 l’aggancio delle pensioni all'aspettativa di vita, con un incremento di 3 mesi. Previsto infine un ontributo di solidarietà fino al 2014 per le cosiddette pensioni d’oro, cioè superiori ai 90mila euro annui. Il contributo ammonta al 5% per la parte eccedente i 90mila euro, e al 10% per la parte eccedente i 150mila euro.
La cosa più interessante della manovra è il cosiddetto forfettone, che prevede una tassazione al 5% per chi ha meno di 35 anni e decide di aprire un’attività. Sarà un caso, ma la misura non sembra avere la necessaria copertura.
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