giovedì 21 luglio 2011

Tutti tagliano, ma Fini alza gli stipendi


Finché le cifre non saranno scritte nero su bianco nei bilanci di Camera e Senato è difficile fidarsi. Anche i tagli sbandierati da Giulio Tremonti sembravano cosa fatta. Poi, sfogliando la manovra, si è scoperto che se ne parla solo dalla prossima legislatura. Anche la correzione di bilancio doveva essere tutta sul lato della spesa, poi la Ragioneria dello Stato ci ha spiegato che il 60% delle risorse arrivano da nuove entrate (in altri termini: tasse) e solo il 40% da sforbiciate alle uscite.


Intendiamoci, con i tagli ai costi della politica non ci si ripiana il debito pubblico, ma sapere che nessuno può permettersi di toccare i ricchi vitalizi di ex parlamentari che, in alcuni casi, hanno lavorato per ben zero giorni non aiuta davvero a condividere l’austerity imposta dal governo. Il concetto, che in questi giorni frulla nella testa di molti italiani, è stato espresso in maniera chiara da Emma Marcegaglia. «È inaccettabile che tutti facciano sacrifici tranne la politica», ha incalzato la presidente di Confindustria. I tagli ai costi della politica vanno «affrontati subito», perché «nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti, la politica deve dare il buon esempio».
Ben vengano, insomma, le proposte che in questi giorni si sono affrettati a presentare sia il presidente della Camera sia quello del Senato. Purché abbiano un seguito. Il balletto sui vertici e controvertici annunciati nei giorni scorsi non promette troppo bene. Prima si era parlato di un conclave bicamerale per tagliare tutto senza pietà. Alla fine, però, si è deciso che ognuno farà da solo. Sia Gianfranco Fini sia Renato Schifani ieri hanno sottoposto i piani ai questori delle rispettive Camere. L’ufficio di presidenza di Montecitorio si riunirà oggi, quello di Palazzo Madama la prossima settimana.

Sulla carta, i progetti sono entrambi ambiziosi. Nel prossimo triennio (includendo tagli già effettuati nei mesi scorsi) Fini promette di risparmiare 170 milioni, Schifani 120. Tenuto conto delle differenti entità dei bilanci dei due rami del Parlamento (quello di Montecitorio è più del doppio, nel 2010 1.224 milioni contro 545), però, la stretta messa in atto da Palazzo Madama appare ben più corposa. Non solo. Tra i risparmi elencati dal Senato risultano anche 10 milioni recuperati grazie al mancato aumento delle retribuzioni del 3,2%, che invece alla Camera, in barba al blocco degli adeguamenti deciso lo scorso anno, è scattato alla fine di giugno (e andrà a regime nel 2013) in base ad un accordo sindacale sulla produttività. Per il resto, entrambe le Camere congeleranno la crescita delle dotazioni (l’adeguamento automatico del bilancio in base all’inflazione), introdurranno il blocco del turn over e quello dell’adeguamento delle pensioni e delle indennità.
Sia Fini sia Schifani, infine, introdurranno anche per i parlamentari la norma di cui si è tanto discusso negli ultimi giorni. E cioè il contributo di solidarietà previsto dalla manovra per le pensioni d’oro. Anche ex senatori ed ex deputati che prendono assegni sopra i 90mila euro si vedranno, da subito, applicare una decurtazione del trattamento del 5%. Per chi è sopra i 150mila euro lordi l’anno il taglio sarà del 10%.


© Libero