Al principio fu creato l'universo. Questo fatto ha sconcertato non poche persone ed è stato considerato dai più come una cattiva mossa. (Douglas Adams)
giovedì 28 luglio 2011
Berlino scommette contro di noi
Certo, ci sono state anche giornate buone, ma con il crollo di ieri siamo arrivati alla sesta seduta nera per i listini di Piazza Affari nel solo mese di luglio. Sei volte in meno di 30 giorni in cui la Borsa ha chiuso le contrattazioni con perdite superiori al 2,5%. Ieri lo scivolone è stato del 2,8%, con le principali banche (Intesa, Unicredit, Mediobanca e Ubi) precipitate quasi tutte del 5% a causa delle nuove tensioni sui titoli di Stato. Lo spread tra i Btp e i bund tedeschi è tornato sopra i 310 punti. Un livello che il Paese non potrà sostenere a lungo. Se il differenziale non scenderà in fretta sotto i 300 punti, come ha spiegato tempo fa Bankitalia e ha ribadito ieri il sottosegretario al Tesoro, Bruno Cesario, l’impatto sulle finanze pubbliche inizierà a farsi sentire: «L’incremento della spesa per interessi sarà di 0,2 punti percentuali di Pil nel 2011 e di 0,4 e 0,5% negli anni successivi». Per essere chiari si tratta di valori che oscillano tra i 3,5 e gli 8 miliardi.
La scusa di ieri è che i mercati europei hanno viaggiato tutto il giorno sui timori delle ripercussioni di un eventuale default americano. Di sicuro le difficoltà di Obama non aiutano, ma non bastano a spiegare la maglia nera conquistata ieri da Piazza Affari rispetto alle altre Borse continentali, né le eccessive tensioni sui bond, che oltre all’Italia colpiscono solo Grecia, Portogallo e Spagna, Paesi obiettivamente più in difficoltà del nostro. È chiaro che l’Italia è ormai diventata preda di scommesse e speculazioni che scattano ad ogni stormir di fronda, nella convinzione che il nostro Paese prima o poi sia costretto a gettare la spugna. Previsioni alimentate da fattori interni, come la manovra, rigorosa ma più sbilanciata rispetto alle previsioni sul lato delle entrate, o la crescita che non arriva. Ma anche, e soprattutto, da fattori esterni. Le agenzie di rating continuano a metterci lo zampino. Anche ieri in un’intervista il direttore per la finanza pubblica di Fitch ha ventilato che per l’Italia potrebbe esserci la necessità di una manovra correttiva. Mentre in serata, tanto per creare un altro po’ di turbolenze, S&P ha tagliato di nuovo il rating della Grecia, portandolo da CC a CCC.
Ma a metterci il carico, alla fine della fiera, sono sempre gli “amici” tedeschi. Ad accendere la miccia sui titoli di Stato sono state ieri due notizie arrivate proprio dalla Germania della cancelliera Angela Merkel. La prima, riportata dal Wall Street Journal, è il monito lanciato dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, in una lettera al Parlamento in cui si avverte che la Germania non sottoscriverà «assegni in bianco» per finanziare l’acquisto di titoli di Stato di Paesi in difficoltà da parte del fondo di stabilità Ue. L’altra mazzata è arrivata direttamente dai bilanci di Deutsche Bank, da cui si è scoperto che l’istituto tedesco nei mesi scorsi ha messo in atto una fuga dal debito degli Stati considerati più a rischio. Con una particolare attenzione verso l’Italia. In soli sei mesi il portafoglio di titoli del Tesoro è passato da 8 miliardi a 997 milioni, con un calo dell’88%. Da DB si sono giustificati dicendo che tutto è collegato al consolidamento di Postbank, ma il Financial Times ha eloquentemente definito la mossa come «una protezione dal rischio Italia».
Non tutti scommettono contro di noi. Il neo direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde, si è detta convinta che l’Italia «con la manovra ha fatto molto per evitare di essere trascinata nella crisi», mentre l’ormai ex presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha definito la correzione di bilancio «un esempio per la riduzione del deficit». A Montecitorio, invece, se la prendono con le agenzie di rating. Una risoluzione bipartisan della commissione Finanze invita il governo a denunciare le società per «aggiotaggio» e chiede un’iniziativa formale per dare vita ad un’agenzia europea. Tra i candidati a far parte del consorzio ci sono Morgan Stanley, Unicredit e Deutsche Bank. Indovinate chi deciderà i rating e quale sarà quello italiano?
© Libero