sabato 27 marzo 2010

I sabotatori della Fiat

Ci risiamo. A poco meno di due settimane dalla schiaffo ricevuto da Giorgio Napolitano, che smentì piccato la sua presunta ostilità verso la legge su arbitrato e articolo 18, gli uomini di Ezio Mauro tornano all’attacco. Oggetto delle attenzioni giornalistiche di Repubblica, questa volta, è il piano industriale della Fiat. Un piano lacrime e sangue, quello descritto sulle pagine del quotidiano romano, che pur prevedendo un aumento della produzione lascerebbe in mezzo alla strada 5mila lavoratori e ridurrebbe a 8 (sugli attuali 12) i modelli affidati agli stabilimenti italiani.


L’operazione downsize, questo il nome con cui Repubblica battezza il ridimensionamento delle attività del gruppo nel nostro Paese, coinvolgerebbe tutte le fabbriche dislocate sul territorio sia con cambi di produzione sia con tagli di personale e prepensionamenti. Le ricadute sarebbero drammatiche non solo a Termini (da 1.500 operai a zero), ma anche a Mirafiori, dove la forza lavoro scenderebbe dai 5mila addetti a 2.500.

A poco sono servite le smentite a muso duro di Sergio Marchionne, che ha parlato di «speculazioni» su notizie completamente false. «Questo è il momento sbagliato per parlarne», ha spiegato l’ad del Lingotto, «abbiamo avuto la crisi più profonda che si sia mai vista in Europa e non abbiamo licenziato nessuno. Non voglio medaglie, ma cercare di picchiare la Fiat in questi momenti è la cosa più sproporzionata che abbia mai visto, quasi vergognosa».

Parole inutili. Esattamente come con la questione dell’articolo 18, la sparata di Repubblica ha immediatamente riacceso la protesta dei sindacati. Dopo qualche settimana di relativa tranquillità i lavoratori sono tornati sul piede di guerra, chiedendo convocazioni urgenti al governo, minacciando mobilitazioni e, in alcuni casi, come è successo a Termini, proclamando scioperi istantanei contro il presunto piano industriale di Repubblica. La doccia è talmente gelata da ricompattare con facilità tutte le sigle. Così, accanto al leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che vede nelle indiscrezioni «una conferma ai timori» avanzati dal sindacati, scendono in campo anche il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, e il segretario dell’Ugl metalmeccanici, Giovanni Centrella, per invitare il governo ad un confronto prima del 21 aprile, quando il Lingotto presenterà ufficialmente il piano strategico.

Conseguenze prevedibili e previste, secondo Maurizio Sacconi, che ritiene per nulla casuale il colpo di Repubblica. «Le indiscrezioni su un presunto piano Fiat caratterizzato da ben 5mila esuberi occupazionali sono inquietanti e suscitano allarme sociale», ha detto il ministro del Lavoro, secondo il quale «solleva un legittimo interrogativo l’affermazione del portavoce della Fiat secondo cui le indiscrezioni stesse sono una provocazione politica a pochi giorni dalle elezioni».

Per quanto riguarda il Lingotto, dopo aver smentito in tutte i modi le indiscrezioni giornalistiche, Marchionne ha ribadito che su Termini «una soluzione si dovrà trovare» e che il gruppo farà tutto il possibile. Sull’ipotesi spin-off dell’auto, anch’essa prospetta da Repubblica, il manager della Fiat, intervenuto a margine della riunione confindustriale, ha detto che si tratta «solo di ipotesi». Lo scorporo, ha spiegato, si può fare in due modi: «o lasciamo l’Auto da una parte e togliamo il resto, o togliamo l’Auto e lasciamo il resto. Non è complicato». Quanto all’esigenza di consolidare prima Chrysler nel bilancio del gruppo Fiat, Marchionne ha osservato che «non ce n’è bisogno». Visto che «con il 20% della casa americana abbiamo già il controllo».

Le voci sul piano hanno influenzato anche i mercati, con il Lingotto che ha chiuso in rialzo del 4,26% a 9,8 euro. La bomba lanciata da Repubblica non ha invece scosso più di tanto i lavori del comitato direttivo di Confindustria, che si è tenuto non casualmente a Torino, in territorio Fiat.

Nel corso del “conclave” sarebbero infatti state confermate le anticipazioni sulla nuova squadra di Emma Marcegaglia, in particolare quelle relative all’ingresso del vicepresidente del Lingotto, John Elkann.

Anche Giorgio Squinzi, ha spiegato l’ex numero uno di Assolombarda Diana Bracco al termine della riunione, entrerà nel team di presidenza. Come previsto, il patron della Mapei, vicino alla Marcegaglia, andrà a sostituire il montezemoliano Andrea Moltrasio con la delega per l’Europa. Una mossa che, unita a quella di Elkann, è stata letta come la chiusura dell’epoca Montezemolo in viale dell’Astronomia.

La giunta di Confindustria che si riunirà oggi a Roma ratificherà la scelta, secondo quanto confermato da Mariella Enoc, presidente di Confindustria Piemonte. Per il rampollo di casa Agnelli ci sarebbe pronta la delega all’internazionalizzazione verso i paesi emergenti.
 
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