Con un po’ di ritardo, la class action è finalmente arrivata. Da ieri per ottenere risarcimenti e rimborsi per danni procurati da comportamenti illeciti delle aziende, comprese quelle pubbliche, i consumatori possono esercitare un’azione legale collettiva, con minore costo e maggiore forza d’urto. Una volta avviata la causa, infatti, chi si trova nella stessa situazione può semplicemente accodarsi al procedimento. «Uno strumento di civiltà, già attivo in altri paesi sviluppati», lo definisce il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. In effetti, le norme rese famose dalle mega-cause contro le multinazionali Usa sono operative da tempo in moltissimi ordinamenti europei. Resta da vedere se da noi saranno altrettanto efficaci. Il ministro assicura che «da ora l’esercizio della class action è più semplice, concreto ed effettivo, perché questa può essere avviata anche da singoli consumatori o utenti, anziché solo dalle loro associazioni, e viene semplificato il meccanismo di liquidazione del danno». Non proprio identica la versione delle associazioni dei consumatori, che ritengono rischioso non porre un filtro alle iniziative degli utenti. Così come era previsto nella prima versione della class action, inserita nella Finanziaria 2008, che affidava solo alle associazioni la possibilità di avviare la causa. La norma entrata in vigore ieri (dopo tre slittamenti) stabilisce invece che l’azione di classe contro pratiche commerciali scorrette, inadempimenti contrattuali o comportamenti anticoncorrenziali, possa essere promossa da uno o più consumatori/utenti, in proprio oppure dando mandato ad un’associazione.
L’altro elemento che fa storcere il naso alle associazioni riguarda la retroattività della legge. La norma prevede che potranno essere oggetto dell’azione collettiva solo gli illeciti compiuti dopo il 16 agosto 2009. Una scelta che taglia fuori tutti i principali scandali finanziari degli ultimi anni. A partire dai grandi crac Cirio e Parmalat (che travolsero complessivamente circa 135mila risparmiatori) fino al default dell’Argentina, che lasciò a bocca asciutta quasi 500mila obbligazionisti italiani (di cui circa 270mila rimasti fuori dai mini rimborsi e quindi ancora in diritto di esercitare un’azione collettiva). Ma la mancata retroattività lascerà senza possibilità di risarcimenti “di classe” anche migliaia e migliaia di cittadini inciampati in disavventure per così dire minori, come i 170mila sottoscrittori dei prodotti-truffa MyWay-4You, i piccoli azionisti di Italease, gli obbligazionisti di Giacomelli e quelli di Finpart, tutte le imprese che negli ultimi anni sono finite nella bufera dei derivati e via discorrendo.
Ma le banche rischiano comunque di vedersela brutta. Se non dovranno fare i conti con il passato, quelli col presente sono già sul tavolo del giudice. Nel primo giorno di operatività della norma il Codacons ha presentato due class action nei Tribunali di Torino e Roma per il giochino del massimo scoperto sui conti correnti. Le commissioni abolite per legge e poi rispuntate sotto altre forme, che secondo l’Antitrust si sono rivelate ben più costose. Nel mirino dei consumatori ci sono per ora i due colossi del sistema bancario, Unicredit e Intesa, con richieste che si aggirano complessivamente sui 2 miliardi di risarcimento. Ma se l’iniziativa prende piede è facile prevedere che la tempesta assumerà presto ben altre dimensioni.
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