giovedì 14 gennaio 2010

La vittoria di Tremonti: «Non è il momento delle follie fiscali»

Il fisco è ingiusto, ma per ora ce lo teniamo. È un Giulio Tremonti ringalluzzito quello che si intrattiene con Bruno Vespa davanti alle telecamere di Porta a Porta. Le posizioni sono quelle dette e ridette negli ultimi mesi. Le stesse che gli hanno procurato non pochi attriti con con le componenti liberiste del Pdl e con buona parte dei ministri economici. Ma ora dalla sua parte è sceso in campo il premier Silvio Berlusconi e il ragionamento scorre più veloce. «Dobbiamo porci la sfida di un grande cambiamento del sistema fiscale», spiega il ministro dell’Economia, «l’ideale sarebbe un sistema efficace e giusto, quello che c’è adesso non è tanto efficace e non è neanche tanto giusto». Detto questo, sulla riforma fiscale «dobbiamo studiare seriamente. Non possiamo fare stupidate o follie». Perché «siamo durante una fase economica complicata. Abbiamo, e lo sa bene e lo dice il presidente del Consiglio, il terzo debito pubblico del mondo ma non la terza economia del mondo». Sollecitato da Vespa, che chiede se saranno possibili interventi già nel 2010, il ministro risponde: «Come era nei nostri accordi redazionali questa è una domanda che deve fare in termini di attrazione, da giornalista, ma prima devi capire come si può fare, come vanno le cose».
E il percorso non sembra affatto facile. «Il sistema fiscale italiano è tremendamente complicato, ci sono oltre 140 modi di prelevare e dedurre», fa notare il ministro dell’Economia, sottolineando che «ci sono sovrapposizioni incredibili, interventi che si sono accumulati negli anni».
Di interventi spot, insomma, non se ne parla. Anzi, la situazione è così ingarbugliata che saranno necessarie diverse fasi: «Ora stiamo facendo la Tac al sistema fiscale, poi dal dibattito verranno fuori le ipotesi». E il dibattito sarà ampio, approfondito e visto il numero di soggetti da mettere al tavolo, lungo. La discussione sarà infatti aperta «ai sindacati, a Confindustria, alle sedi accademiche, ai tecnici del Parlamento, alla Commissione europea». Un punto, quest’ultimo, su cui il ministro insiste. Oltre alla crisi e alla tenuta dei conti, la riforma è infatti subordinata anche «alla compatibilità europea». L’unica certezza è il punto di partenza. O meglio il luogo. Si comincerà, presto, con un vertice all’Aquila.
Entrando nel dettaglio, Tremonti gela chi ancora sperava, dopo il dibattito in Finanziaria, in una rimodulazione dell’Irap. «È un’imposta», spiega, «che ha sostituito altri tributi, non so se è stata una scelta intelligente ma adesso tornare indietro è difficile». Quanto ad un aumento delle imposte sulle rendite finanziarie chieste a gran voce dalla sinistra, «bisogna essere attenti e prudenti nel valutare l’armonizzazione». Non è, dice il ministro, «che quando si parla di rendita c’è dietro uno gnomo di Zurigo ma c’è la famiglia con i suoi risparmi». Sul capitolo scudo Tremonti chiarisce che tra le ragioni della proroga ci sono state le difficoltà registrate nel riportare i capitali detenuti all’estero a causa delle banche straniere, ma è evidente che «più tempo vuol dire più soldi che tornano».
E di soldi, stando ai dati diffusi ieri da Bankitalia e dal Tesoro, ce n’è bisogno. A novembre è infatti proseguito il calo delle entrate tributarie, che nei primi 11 mesi dell’anno sono diminuite del 3,9% (3,4% secondo via Nazionale) rispetto allo stesso periodo del 2008. Il calo, secondo l’Economia, è dovuto in gran parte agli effetti della crisi economica. E infatti all’appello mancano circa 14 miliardi di tasse (Ires e Irap) provenienti dalle imprese. In ogni caso, assicura Tremonti, «le entrate tengono». Grazie anche al buon andamento degli incassi relativi alla lotta all’evasione, che continuano a sostenere le entrate tributarie: nel periodo gennaio-novembre 2009 il gettito è cresciuto del 20,0% rispetto allo stesso periodo del 2008 .
E spiragli di ottimismo arrivano anche dai dati sul debito, che secondo Bankitalia a novembre è calato, riportando la quota pro-capite sotto la soglia dei 30mila euro. Diminuisce in particolare il debito delle amministrazioni centrali, mentre dopo una fase di miglioramento torna a crescere quello di Regioni, Province e Comuni. In ogni caso, rispetto al dicembre 2008 il debito è complessivamente aumentato del 7% circa.

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