venerdì 8 gennaio 2010

Bruxelles non molla: «In Grecia più rigore»

L’Islanda rimborserà i risparmiatori e la Grecia si rimboccherà le maniche per ripianare il deficit. Sulla carta, il terremoto scatenato nei giorni scorsi dai due Paesi europei sembra diminuire d’intensità. In realtà, la tensione resta altissima. Il presidente Olafur Grimsson si è presentato ieri davanti alle telecamere della Bbc per rassicurare tutti. «L’opinione secondo cui non terremo fede ai nostri obblighi è completamente sbagliata», ha detto Grimsson, spiegando che la legge da lui firmata lo scorso autunno già garantiva i rimborsi. «Il provvedimento è basato su un accordo siglato con il governo britannico e olandese in cui l’Islanda riconosce i propri debiti», ha sottolineato nell’intervista. Ma il presidente insiste sulla validità del “veto democratico”. «Ho deciso», ha spiegato in un’altra intervista sul Financial Times, «di accordare l’ultima parola al popolo islandese con un referendum che è compatibile con i nostri principi democratici fondamentali». Grimsson si è rifiutato martedì scorso di ratificare l’impopolare legge sui rimborsi ai clienti esteri, essenzialmente britannici e olandesi, per il fallimento della banca Icesave. La questione sarà sottoposta a referendum forse il 20 febbraio, ma il presidente assicura che non è messa in discussione la sostanza, «ma solo il metodo, la forma e le condizioni del pagamento».
E in stallo appare anche la difficile situazione della Grecia. Il gruppo di ispettori della Commissione europea in missione ad Atene ha chiesto al governo un piano triennale dettagliato di riduzione del deficit pubblico. Si tratta, sostanzialmente, di verificare la praticabilità delle intenzioni già annunciate dall’esecutivo greco. Il piano di risanamento prevede che l’obiettivo di ridurre il defict dall’attuale 12,7% del Pil a meno del 3% venga raggiunto nel 2012 invece che nel 2013. La missione comunitaria, che si concluderà oggi, punta ad assicurare che alla riduzione del deficit e del debito si affianchi una serie di riforme strutturali per migliorare la competitività dell’economia. Preoccupa in ogni caso l’impatto sociale che avrà il piano di rientro che include un ulteriore taglio del 10% dei salari pubblici e un taglio della spesa in sicurezza sociale del 10% quest’anno.
Un bufera annunciata? Non è catastrofista Gregorio De Felice, capo del Servizio studi di Intesa Sanpaolo, pur ammettendo che il caso Grecia «è senz’altro più preoccupante di quello che sta accadendo in Islanda». In questo caso, spiega, «stanno venendo al pettine i nodi di una gestione della finanza pubblica non efficiente e di una economia non competitiva». Sull’euro non ci saranno troppi contraccolpi. «Si verificherà», dice De Felice, « un’alta volatilità degli spread sui titoli di Stato greci e il sistema bancario ellenico finirà sotto pressione, ma l’unione monetaria non prevede vie di fuga. E poi i maligni sostengono che la Grecia negli ultimi mesi abbia anche contribuito a far si che l’euro non diventasse troppo forte, evitando effetti negativi per l’economia europea». Per quanto riguarda la possibilità di una stampella di Bruxelles, per l’economista «non c’è alcun obbligo di intervento da parte delle istituzioni Ue. Un piano di rientro credibile faciliterebbe comunque un aiuto internazionale se per la Grecia dovesse mettersi male, ma per ora questa possibilità non la vedo. Malgrado i declassamenti il Paese è ancora investment grade».

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