sabato 23 gennaio 2010

I 26mila euro tartassati delle partite Iva

Non è difficile immaginare quali saranno le reazioni ai dati diffusi ieri da Via XX Settembre sulle partite Iva. Si tornerà a parlare del popolo degli evasori e del Sud malandrino dove regna il sommerso e l’illegalità. Dalle dichiarazioni dei redditi del 2007 presentate dai 3 milioni e 700mila contribuenti sottoposti agli studi di settore emerge, infatti, un’Italia in cui i proprietari di bar guadagnano come i metalmeccanici e i parrucchieri come i pensionati. E se da una parte balza agli occhi la forbice del 40-50% tra il Nord e il Mezzogiorno, dall’altra insospettisce il confronto con il resto dei lavoratori, con un reddito medio che nel 2007 si è attestato poco sopra i 18.300 euro, non troppo lontano dai 26.300 guadagnati in media dagli autonomi. Certo, i 21.100 euro dichiarati da alberghi, pensioni e campeggi fanno una certa impressione, così come i 17.000 euro di bar e ristoranti. Ma ci sono anche i 49.000 euro degli avvocati, i 28.300 euro degli ingegneri e i 35.000 euro delle agenzie immobiliari. Senza contare che dai 26.300 euro delle persone fisiche si passa ai 38.900 delle società di capitali fino ai 43.100 delle società di persone. La realtà è che la fotografia scattata dal fisco è molto più verosimile di quello che si pensi. Intanto, come spiega il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, se si considera che «il 75% degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, che la stragrande maggioranza di questi ultimi ha la possibilità di dividere il reddito prodotto con un collaboratore familiare e che per oltre il 15% delle imprese individuali il lavoro autonomo è un secondo lavoro, i redditi medi dichiarati nel 2007 sono molto consistenti». Si passa, sottolinea Bortolussi, da un dato medio nazionale dei commercianti di 22.900 euro, ai 38.400 euro medi del settore manifatturiero e dei servizi dove sono presenti in maniera predominante le aziende artigiane.sud in affannoE la disparità territoriale non fa che confermare l’analisi. Quei 14.700 euro medi di Vibo Valentia che lasciano di stucco rispetto ai 36.500 di Milano non sono altro che la rappresentazione della realtà del Paese. Dove il 51% delle partite Iva e arroccato al Nord e solo il 28% al Sud e nelle Isole. Dove aeree depresse e povere come quelle che ospitano, ad esempio, Cosenza, Crotone ed Enna corrispondono ai dati più bassi sui redditi medi. Dove la Calabria, con 16.500 euro, ha il record negativo di tutta la Penisola, rispetto alle vette raggiunte dalle ricche Lombardia (33.900 euro), Trentino (31.700), Friuli e Veneto (29.800). L’eredità di ViscoSenza contare che il 2007 segna anche una complessiva e generalizzata frenata dei redditi. Un modesto +0,32% rispetto al +11% registrato nel 2006. Dato che rende assai bizzarro pensare ad una improvvisa vocazione dei lavoratori autonomi all’evasione fiscale di massa. Tanto più che in quegli anni i contribuenti sottoposti agli studi di settore erano finiti nel tritacarne dell’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, che aveva ingaggiato contro il popolo delle partite Iva una vera e propria lotta senza quartiere. Difficile credere che proprio allora gli autonomi si siano messi a taroccare le dichiarazioni dei redditi.Il dato impone piuttosto di fare i conti con una fetta consistente del settore produttivo del Paese che, pur considerando una quota sicuramente non trascurabile di evasione, non se la passa così bene come qualcuno vuole farci credere. E che alla fine dell’anno deve fare i conti non solo, come il resto della popolazione, con una pressione tributaria che si aggira sul 50% del reddito, ma anche con quel formidabile strumento che risponde al nome di studi di settore. Meccanismo in base al quale lo Stato stabilisce in anticipo quanto deve guadagnare ciascuna categoria e stanga per principio chi non dovesse rispettare le previsioni. Addio studiCi sono voluti quasi 15 anni prima che la Cassazione, con le sentenze depositate lo scorso dicembre, stabilisse che gli studi di settore non possono essere un criterio certo su cui l’Agenzia delle Entrate può basarsi per emettere la cartella di accertamento fiscale sulla presunzione che lo spostamento dai binari dei parametri di reddito, introdotti con la legge finanziaria del 1996, nasconda evasione. La speranza è non doverne aspettare altrettanti per ridisegnare un sistema fiscale che, come dice Tremonti, non è né giusto e né efficace.Perché se è vero che il lavoratore dipendente non può evadere, l’unico modo per garantirsi la fedeltà anche dell’autonomo è quella di ridargli un po’ di ossigeno tagliando il peso dei balzelli.

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