giovedì 14 gennaio 2010

Disoccupazione record. Ma gli artigiani non trovano personale

La disoccupazione è a livelli record? Ebbene, nel 2009 un’impresa artigiana su quattro ha avuto difficoltà a reperire personale. Avete letto bene: in piena recessione sono rimasti vuoti 23.446 posti di lavoro su un fabbisogno occupazionale complessivo di 93.410. Non si tratta di un trucco. Il mondo delle piccole e delle micro imprese ha sentito i colpi della crisi come il resto dell’industria. Il saldo complessivo dell’occupazione, tra assunzioni, licenziamenti e mancate sostituzioni di personale, ha registrato nell’anno appena trascorso un calo di 4,4 punti percentuali.
Resta il fatto che un quarto delle offerte di lavoro non stagionali, con picchi del 28% nel settore dei servizi e nel manifatturiero, è rimasto vacante. Una quota minore rispetto agli anni scorsi ma sicuramente più alta del resto del tessuto produttivo, dove la media si ferma al 20%. La spiegazione è nella difficoltà delle imprese artigiane a trovare personale specializzato. Un fenomeno accentuato dai costi elevati dei contratti di formazione, che rendono sempre più difficile il ricorso allo strumento da parte delle microaziende. «Dal 2007», ha spiegato il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, nel corso di un convegno che si è tenuto ieri a Roma, «è stata introdotta una contribuzione a carico delle aziende: 1,5% il primo anno, 3% il secondo anno e 10% per gli anni successivi eventuali di apprendistato». Ma c’è un costo di formazione a carico delle imprese, ha proseguito, «che è il valore del tempo sottratto alla produzione». Nel dettaglio, dal 2006 al 2009 sono state 64 milioni le ore dedicate alla formazione, con un investimento medio di 1,8 miliardi l’anno.
Malgrado questo, nel 2008 gli apprendisti nelle imprese artigiane erano 218.344, vale a dire circa un terzo rispetto ai 640.863 del totale delle aziende italiane. Un dato importante, se si pensa che il 53% dei giovani, concluso il percorso di formazione, ha poi continuato a lavorare nell’azienda.
Nasce anche da queste riflessioni il Piano Italia 2020, messo a punto dal ministero del Lavoro e da quello dell’Istruzione. Il progetto, ha detto Fumagalli, «è finalmente l’occasione per rilanciare l’apprendistato, che ha a che fare con il nostro futuro economico perché è rimasto l’unico istituto a causa mista: quella del lavoro e quella dell’apprendere».
La speranza è che si riesca in fretta a riempire quei posti di lavoro rimasti vacanti. Un lusso che non si può permettere un Paese, come il nostro, che tra settembre 2008 e settembre 2009 ha visto crescere il tasso di disoccupazione degli under 25 dal 19,5% al 23,5% (percentuale che ci piazza al terzo posto in Europa, dopo Spagna e Grecia). E che detiene un record ancora più negativo sul tasso di occupazione dei giovani sotto i 29 anni: siamo al penultimo posto tra 9 paesi Ue con un valore del 39,3% rispetto alla media europea del 51,2%.

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