Gli occhi e le polemiche, come spesso accade, sono tutti rivolti nella direzione sbagliata. Il colpo di acceleratore sulla dimissione delle quote di Acea annunciato da Gianni Alemanno ha subito rilanciato l’allarme sulla “privatizzazione” della multi-utility romana. In realtà, come ha ben spiegato l’assessore al Bilancio del Campidoglio, Maurizio Leo, la riduzione della partecipazione azionaria degli enti locali nelle società del settore idrico quotate in Borsa è stabilita dal decreto Ronchi, che ha fissato la soglia massima al 40% entro il 31 dicembre 2013 e al 30% entro il 31 dicembre 2015. Il fatto che avvenga prima può far storcere il naso, ma è difficile incolpare il sindaco di Roma per l’applicazione di una norma di legge. Semmai qualcuno dovrebbe apprezzarne la lungimiranza, visto che una vendita delle quote (ora il Comune è al 51%) a ridosso della scadenza obbligata avverrebbe sicuramente a prezzi meno convenienti per il Campidoglio, che adesso potrebbe incassare qualcosa come 300-400 milioni. Del tutto inosservato è passato invece il punto centrale dell’intervista rilasciata dal sindaco al Sole24Ore e cioè a chi venderà il Comune. Alemanno dice di immaginare come investitori cui cedere il 20% del capitale «partner legati al territorio, fondazioni, imprenditori». A prescindere dal ruolo che potrebbe giocare Francesco Gateano Caltagirone (che è un imprenditore locale e possiede già l’8% della società), la questione rimanda direttamente alla delicata trattativa che l’Acea sta conducendo con i soci di Suez-Gdf per ridefinire gli equilibri interni. È chiaro, infatti, che tra quegli investitori indicati dal sindaco non ci saranno i francesi, che invece avevano posto come condizione per restare nella società propria un aumento della partecipazione rispetto all’attuale 10%. Il problema delle sinergie con Suez-Gdf sarà sul tavolo del cda di Acea convocato per il 26 gennaio. Alla fine di dicembre sembrava che si fosse vicini ad un accordo di massima. Ma le parole del sindaco disegnano ora uno scenario di cui i francesi potrebbero non fare più parte. E questa non è necessariamente una buona notizia. Il colosso d’Oltralpe ha infatti detto più volte di essere interessato al mercato italiano, con o senza Acea. Tradotto, significa uno scomodo concorrente in più per la quotata del Campidoglio.
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