venerdì 8 gennaio 2010

Accordo lontano per salvare i 2000 lavoratori Alcoa. E la Fiom annuncia lo sciopero contro il Lingotto

I lavoratori di Portovesme sono col fiato sospeso, quelli di Termini Imerese si preparano alla lotta. Per i primi tutto dipende dall’esito della trattativa tra Alcoa e governo. Ai negoziati è appeso il destino non solo di 2mila operai (tra impianti in Sardegna e Veneto), ma dell’intero polo dell’acciaio dell’isola. Ipotesi che ha messo in allarme anche gli amministratori locali. Ma la quadra è ancora lontana. Nelle ultime ore è infatti emerso che la questione non è affatto legata ai pochi euro in più o in meno che dovrebbero rappresentare lo sconto sul prezzo dell’energia pagato dalla multinazionale Usa. Il governo, mescolando agevolazioni previste dalle attuali normative (interrompibilità, costi di dispacciamento e interconnessione) è riuscito ad abbassare la cifra a 30 euro per mwh, rispetto ai 70 che si pagano in Italia e ai 45 della media europea. Ma il punto è che l’Alcoa non vuole rischiare di prendere un’altra bastonata dalla Ue. In fondo anche la sanzione di 300 milioni arrivata nei mesi scorsi da Bruxelles per gli aiuti di Stato ricevuti dal 2006 ad oggi bocciava agevolazioni previste dalla legge. «Ringraziamo il governo per gli sforzi che sta facendo», spiega a Libero l’ingegner Alessandro Profili, capo delle relazioni istituzionali di Alcoa per l’Europa, «ma prima di fidarci delle misure previste dal governo dobbiamo capire se c’è il via libera della Ue». Siccome, però, nessuno può permettersi di aspettare fino ad allora, «l’unica soluzione è quella dei contratti bilaterali con i fornitori. Solo così potremmo avere garanzie e certezze sul futuro». La stessa cosa, del resto, accade in Spagna, dove si parte da un prezzo contrattuale (e quindi non passibile di variazione per effetto di interventi europei) di 40 euro per mwh a cui vanno poi sottratte le quote di agevolazioni previste dalle leggi del Paese. In altre parole, la palla passa all’Enel, che fino al 2006 aveva garantito prezzi dell’energia competitivi proprio sulla base di un contratto. Ma neanche l’azienda sembra per ora disposta ad assumersi il rischio. Alla difficile mediazione sta lavorando il governo, che ieri ha incontrato l’Alcoa e i sindacati, insieme a rappresentanti dell’Auhtority e di Terna. Al vertice, curiosamente, non ha partecipato l’Enel. Malgrado il colosso dell’acciaio abbia fatto sapere che in mancanza di un contratto non ci sarà accordo. Nell’attesa, l’Alcoa avrebbe proposto una fermata tecnica degli impianti italiani per 6/8 mesi.
Le cose non vanno meglio alla Fiat. Ieri il direttivo della Fiom si è riunito a Termini Imerese per fare il punto sulle iniziative di lotta contro il rischio di chiusura degli stabilimenti siciliani. Sul tavolo c’è, tanto per cambiare, lo sciopero generale. La Fiom-Cgil ha chiamato alla mobilitazione tutti gli 80mila dipendenti della Fiat, ribadendo i giudizi negativi nei confronti del piano industriale presentato dall’ad Sergio Marchionne il 22 dicembre a Palazzo Chigi. «Giovedì prossimo», ha detto il segretario generale Gianni Rinaldini, «ci sarà una riunione unitaria con le altre sigle, in quella sede decideremo le modalità». Non si allenta la tensione neanche a Pomigliano D’Arco. Ieri un gruppo di lavoratori precari, ai quali la Fiat non ha rinnovato i contratti, ha occupato simbolicamente per pochi minuti la sede locale della Fiom, chiedendo e ottenendo di incontrare tutti i sindacati nell’aula del consiglio comunale, da giorni presidiata dagli operai con le loro famiglie. Per finire, le tute blu della Cgil hanno annunciato anche la presentazione di una denuncia per comportamento antisindacale nei confronti della Fiat per avere disertato la riunione convocata dal Prefetto di Napoli sulla vertenza precari e per avere rifiutato i permessi sindacali ai delegati.
Tornando in Sardegna, ieri è scattata la protesta anche a Porto Torres. «Eni non scalda brucia». È quanto era scritto sullo striscione degli operai della Vynils, una decina in tutto, che hanno occupato la Torre Aragonese. I lavoratori del petrolchimico del Cane a sei zampe dovrebbe andare avanti sino allo sciopero generale previsto per la prossima settimana.

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