sabato 24 marzo 2012

Dubbi tra i ministri. La stangata fiscale viene rimandata

Non c'è stato tempo. Questa la versione ufficiale del rinvio a sorpresa della delega fiscale da parte di Palazzo Chigi. «In ragione dei numerosi punti all'ordine del giorno», si legge nella nota ufficiale diffusa al termine della riunione, «il Consiglio dei ministri ha ritenuto opportuno rinviare ad una seduta successiva l'approvazione del testo finale». Lo scopo, continua il comunicato, «è quello di ponderare e analizzare con maggiore attenzione i dettagli tecnici della riforma». In effetti, malgrado la delega fiscale fosse al primo punto dell'ordine del giorno, la seduta è stata monopolizzata da due patate bollenti sul tavolo dell'esecutivo, riforma del lavoro e norma salva-banche, la cui soluzione è stata ritenuta più urgente. E, vista l'aria di stangata che tira, a partire dal nuovo catasto fino alla nuova carbon tax, non è detto che sia un male.

D'altra parte, è lo stesso governo ad ammettere che il Cdm «ha discusso il disegno di legge delega della riforma fiscale, valutandone i contenuti e analizzandone i punti salienti». E qui, forse, la verità è più vicina. Già al preconsiglio di martedì, infatti, erano spuntate diverse obiezioni al testo messo a punto dai tecnici del ministero dell'Economia. Più di un dicastero avrebbe fatto sapere a Mario Monti che avrebbe gradito un maggiore dettaglio sugli effetti delle norme che riguardano ambiti di competenza diversi da quelli di Via XX Settembre. Dal ministero delle Politiche agricole, guidato da Mario catanzia, ad esempio, sarebbe arrivata la richiesta di affrontare in sede di riforma fiscale anche la questione dell'Imu per i fabbricati rurali, che ha sollevato numerosi dissensi anche in Parlamento. Alcuni rilievi sarebbero stati fatti pure sulla tecnica legislativa. Il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe chiesto norme di maggior dettaglio rispetto alle definizioni un po' troppo generiche con cui vengono affrontati alcuni temi molto complessi.

Ma i nodi da sciogliere, al di là delle parole rassicuranti del governo, che continua a sostenere di voler semplicemente rendere il «sistema fiscale italiano più equo e più orientato alla crescita economica», sembrano essere ancora molti. La voce che circola, non a caso, è che l'appuntamento per il via libera definitivo alla delega potrebbe non arrivare neanche nel prossimo Cdm. Non è neanche escluso che alla fine anche per la delega fiscale, come per il lavoro, ci possa essere un via libera salvo-intese. In questo modo si acquisterebbe ulteriore tempo per consentire ai tecnici di sciogliere i nodi emersi nel preconsiglio, e riproposti ieri, legati soprattutto alle preoccupazioni espresse da vari ministeri.

Non è ancora chiaro neppure se il governo varerà un nuovo provvedimento o si limiterà a emendare la delega del vecchio esecutivo ferma alla Camera. Quello che sembra certo però, come ha confermato il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, è che il provvedimento non modificherà le attuali cinque aliquote Irpef. Sembra quindi tramontata definitivamente l'ipotesi che l'esecutivo Monti possa far suo il progetto di ridurre a tre aliquote (20,30 40%) il sistema, come previsto dalla delega Tremonti, soprattutto per un problema di copertura. L'abbattimento della prima aliquota dal 23 al 20% costerebbe da solo diversi miliardi di euro. Salta inoltre la progressiva cancellazione dell'Irap ma si prevede invece l'assimilazione dei redditi d'impresa per arrivare a un'imposta unica, l'Iri (imposta sul reddito imprenditoriale).
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