giovedì 7 gennaio 2010

Alcoa pronta a chiudere gli impianti

La quadra, secondo fonti vicine al ministero dello Sviluppo, non è ancora stata trovata. La trattativa che si riapre oggi tra Alcoa e governo per evitare la chiusura degli stabilimenti di Portvesme in Sardegna e Fusina in Veneto (complessivamente 2mila operai più l’indotto) è appesa a un filo. O meglio a una manciata di euro. Sfruttando tutte le carte possibili fornite dai regolamenti dell’authority e dalle normative in materia energetica, Claudio Scajola sarebbe riuscito a ridurre le tariffe per la multinazionale dell’acciaio fino a 30 euro per megawatt. Un valore nettamente inferiore al costo medio dell’energia in Europa (circa 45-50 euro) e a quello che la stessa azienda paga negli stabilimenti in Spagna (40 euro). Ma Alcoa non sarebbe ancora soddisfatta. L’obiettivo è non solo abbassare ulteriormente lo sconto sull’elettricità (fino a 27 euro) ma soprattutto avere garanzie di medio periodo e non solo per il 2010.
Alla fine di dicembre l’amministratore delegato di Alcoa Italia, Giuseppe Toia, aveva già comunicato ai sindacati in un incontro a Iglesias che senza tariffa competitiva sarebbero andati tutti a casa. Il rischio, ora, è più che concreto. E non solo, a quanto sembra, per colpa della sentenza di Bruxelles che ha bocciato gli aiuti di Stato elargiti dal governo negli ultimi anni e condannato la multinazionale a restituire 300 milioni. Secondo alcune fonti che si stanno occupando del dossier il colosso americano dell’acciaio avrebbe semplicemente colto la palla al balzo per mettere in atto una fuga dall’Italia che il gruppo stava già meditando da tempo.

libero-news.it