Sotto il profilo dell’entità, la stangata, tenacemente e fermamente smentita dal governo in carica e da quello precedente, è praticamente assicurata. A pochi giorni dal termine previsto per la definizione delle aliquote da parte dei comuni (il 23 maggio) sono soltanto 832 (su circa 8mila) i sindaci che hanno deliberato, di cui, però solo 514 hanno correttamente comunicato i valori al ministero dell’Economia. Malgrado lo scarso, se non infinitesimale, rispetto delle norme da parte dei municipi, il quadro generale si inizia a delineare in maniera abbastanza chiara, confermando tutte le peggiori previsioni. Dalle prime proiezioni effettuate dal servizio politiche territoriali della Uil, infatti, emerge che su 32 città capoluogo che hanno deliberato la Tasi, nel 37,5% dei casi (12 comuni) l’imposta sarà più alta dell’Imu pagata nel 2012.
Ad eccezion fatta per Aosta, dove per le case non di lusso è stata fissata al livello base dell’1 per mille, e Pordenone con l’1,25 per mille, tutte le altre città hanno aumentato le aliquote. Undici comuni (Ancona, Bologna, Cagliari, Cremona, Ferrara, Genova, La Spezia, Piacenza, Reggio Emilia, Torino, Vicenza) sulla prima casa hanno addirittura adottato l’addizionale dello 0,8 per mille arrivando così al 3,3 per mille. Un valore che, se associato alle minori detrazioni, porta tranquillamente la nuova tassa a superare la vecchia Imu sulla prima casa. Solo Milano e Roma, per ora, hanno invece deciso di ricorrere all’aliquota aggiuntiva sulle seconde case, arrivando in questo caso all’11,4 per mille.
Torino ha scelto il 3,3 per mille con detrazione fissa di 110 euro per immobili con rendita catastale fino a 700 euro, più 30 euro per ogni figlio minore di 26 anni. Anche Genova ha fissato l’aliquota al 3,3 per mille con detrazioni decrescenti da 114 euro per immobili con rendita catastale fino a 550 euro per arrivare a 50 euro per immobili con rendita fino ai 900 euro. Ad Ancona (3,3 per mille) le detrazioni sono legate agli immobili con rendita catastale fino a 440 euro e l’intenzione, già messa nero su bianco, per il 2015 è quella di portare l’aliquota sulla prima casa al 4,1 per mille. Palermo ha scelto il 2,9 per mille con detrazione fissa di 50 euro, più 20 euro per figli minori di 18 anni. Milano, invece, si fermerà, si far per dire, al 2,5 per mille, introducendo detrazioni legate alla rendita catastale (fino a 770 euro) e in base al reddito Irpef (fino a 21 mila euro). Anche a Roma si pagherà il 2,5 per mille con detrazioni decrescenti con il crescere della rendita catastale.
Il conto complessivo elaborato dalla Uil non è piacevole per il contribuente. Considerando il totale delle città oggetto del campione la media della Tasi sarà di 240 euro a famiglia, un valore poco più basso dei 267 euro pagati nel 2012, Nel dettaglio, a Genova (439 euro contro 372), Milano (430 contro 396), Ferrara (308 contro 248) e Palermo (154 contro 152) il nuovo balzello peserà più della vecchia Imu. Negli altri capoluoghi di provincia esaminati la differenza sarà minima, di poche manciate di euro.
Al danno si aggiungerà, come si conviene, la classica beffa. Dai primi dati, infatti, emerge un ginepraio di aliquote e detrazioni da cui sarà praticamente impossibile districarsi. Grazie all’intreccio di disposizioni diverse per prime case e seconde case e le varie agevolazioni introdotte, gli 8mila comuni produrranno, secondo le prime stime prudenziali, almeno 75mila combinazioni differenti di applicazione dell’imposta. Alla faccia della semplificazione.